Come mio padre
Daniele Chiarello
pag. 28
Isbn. 978-88-96526-63-7
Un’accorata, frammentaria, lirica raccolta di lettere di un padre ai figli. Nella scoperta che la vita continua a ripetersi come una meravigliosa ruota che fa uguali l’autore nei confronti dei figli e il suo stesso padre nei suoi confronti. Per quanto brevi per una prematura scomparsa. Dallo stesso autore di Testamento d’amore (Samuele Editore 2009) un nuovo libro di frasi, piccoli pensieri, intense emozioni che rifiutano la forma poetica ma non la sua profondità. Semplice, diretta, quotidiana, che non mancherà di toccare intimamente il cuore del lettore.
L’Editore
Ti sono vicino mentre guardi questo mare che è la vita. Mentre il suo vento scompiglia i capelli che si infrangono sul viso e le sue rughe. Sei come un’onda tempestosa. Ti ho tenuto in braccio quando piangevi, ti ho tenuto per mano per aiutarti a camminare, ti ho preso quando sei caduto come mio padre mi prendeva quando io cadevo. Adesso aiutami tu a non cadere. Non basta una pacca sulla spalla per sentirmi il tuo vecchio, come tu mi chiami in un linguaggio che non è più il nostro. Fammi sentire la tua forza con un abbraccio perchè ritrovi il nostro mondo. Vai e vieni proprio come un mare tempestoso, giri e ti rigiri come un turbine di grandine e parli sempre meno e ti confidi sempre più a fatica. Ma io ho ancora voglia di prenderti a schiaffi anche se me ne manca il coraggio, me ne manca la forza, di insegnarti la vita. Vorrei ricevere un tuo bacio ogni tanto, ma non sei ancora abbastanza coraggioso e forte per non vergognarti a farlo.
Parli poco e mi guardi di sottecchi. Osservo furtivamente il tuo io e capisco quanto poco siamo amici. Tu dici che non capisco nulla. Forse è perché ti capisco ancora che non dico nulla. Mi basterebbe un solo minuto per poterti far capire quanta fatica c’è nel farsi voler bene. Magari avresti voluto chiedermelo, magari stavi per dirmelo ma io ti avevo già detto di sì. Quel giorno eri triste, testa bassa e occhi lucidi. Mio padre avrebbe detto bereta fracada. Ho capito subito che c’era qualcosa che non andava. Del resto c’ero passato anch’io. Devo chiederti scusa. Tua mamma l’aveva capito già da giorni.
Ragazzi, adesso basta! È mai possibile che trovo sempre il barattolo della mia schiuma da barba vuota come pure il dentifricio? È mai possibile che il sapone sia sì dentro il box doccia ma per terra? Perché quel povero omino portaasciugamani con sole tre braccine deve sostenere un peso di un intero armadio di asciugamani? Perché il rotolo della carta igienica è sempre al suo posto ma sempre così vuoto? Perché il filo del phon è sempre attorcigliato su se stesso. Ha le convulsioni? Non parliamo poi dello specchio sopra al lavandino: ha più gocce d’acqua lui di quante stelle contiene il cielo! Comunque devo dire che in fin dei conti sono fortunato. Se avessi avuto due figlie femmine forse in bagno nemmeno c’entravo!
Una mattinata sacrificata allo studio ma riuscita. Un pomeriggio in casa ridendo e scherzando. Una serata tra amici, tanta amicizia, tanta allegria. Poi uno schianto. Tanta paura. Avrei voluto fare o dire non so cosa. Ti posso ancora abbracciare, tutto il resto rimane un brutto ricordo. Sei tutto indaffarato a smontare e timontare quel benedetto telefonino che non ti permette di parlare con lei. Io ti osservo da lontano, sorrido, so che non accetteresti il mio aiuto e penso sia giusto così. è la voglia d’indipendenza che distingue gli uomini. Perchè ora sei grande anche tu, tuo fratello non ti chiama più da tempo con quei soliti vezzeggiativi. Adesso anche tu ami e sei amato. Se hai un problema alle volte mi chiedi aiuto ma subito dopo ti chiudi come un riccio. Hai forse esagerato nell’essere poco fiducioso di te stesso?