“Fossimo stati sempre lì/sulla linea dell’orizzonte”: il respiro di queste poesie è ampio, il loro dettato racchiude una leggerezza tutta calviniana e la scansione piana interna ai versi appare forte di significati. Nell’ultima sua raccolta Il dolore, Alberto Toni ci passa una poesia nuova e antica allo stesso tempo. Una lirica sull’uomo e per l’uomo, il poeta da una parte del foglio e il lettore dall’altra. È poesia ‘antica’ quando si aggira nel solco della migliore tradizione italiana (leggi Ungaretti, Montale, Rosselli, Caproni, Penna), mai ridotta a gioco di citazioni piuttosto testimonianza di un’eredità irrinunciabile. Allora sono echi e rimandi che valgono come fil rouge da una all’altra delle sette sezioni che formano il libro. Ma Il dolore è anche poesia ‘nuova’ quando non rimane nel perimetro di lemmi tradizionali dando invece spazio ad una voce autentica fuori da qualsiasi manierismo. Una poesia ‘umanista’ , si potrebbe dire, prima ancora che lirica o civile benché si nutra di entrambe. “Politica di passaggio ,pericoli, strade asfaltate o vincoli appena percepiti. La scrittura avanza e si materializza, ricuce i tasselli familiari, non riposa, ma incide. Pomeriggi di lavoro. La distanza è la stessa.”.
Elisabetta Beneforti
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