Da Alma Poesia
Per la Gialla-Oro di Samuele Editore-Pordenonelegge è uscita, nel 2021, la sua ultima raccolta Affrontare la gioia da soli e proprio dal titolo vorrei partire per addentrarci dentro i testi che la costituiscono. Lei sceglie questa espressione che si avvale di un lessico facente parte del linguaggio comune: nessun tecnicismo, nessun termine aulico, nessun forestierismo; eppure – e ciò è un fil rouge da seguire per leggere tutta la sua produzione poetica – evidenzia da subito un uso puntuale e profondo della parola, esattamente ciò che dalla poesia ci aspettiamo. Il verbo “affrontare” infatti, è di norma associato a eventi complessi, difficili, rivestiti da un’aura negativa; qui, invece, a dover essere affrontata è la gioia, sentimento di cui lei, indirettamente, fa subito cogliere la stratificazione, la molteplicità strutturale. La modalità con la quale, poi, questo passaggio deve essere effettuato, è quella della solitudine che, se da un lato amplifica l’eco, dall’altra ridimensiona, perché ciò che non viene condiviso si dimezza nella sua portata.
E allora, a partire o al di là di queste mie considerazioni, cosa significa per lei Affrontare la gioia da soli? In questa lotta, che ruolo spetta alla poesia?
Mi viene difficile spiegare il significato di un titolo, e più in generale di una raccolta di poesia; io stesso non lo comprendo del tutto a priori, perché non scrivo seguendo un piano preciso. Mi è sempre capitato di individuare la traiettoria a posteriori, definire la strada dal punto di arrivo e non il contrario. Adesso che Affrontare la gioia da soli è stato pubblicato da un po’, mi sembra di poter dire che è un libro che esprime il mio tentativo di riappropriarmi di un minimo di serenità. Io sono un uomo ombroso di carattere, e negli anni ho dovuto affrontare (come accade a tutti) tutta una serie di fatiche e di lutti. Adesso che ho perso tutti nella mia famiglia di origine, che i figli sono grandi e trascorrono la maggior parte del tempo fuori casa, insomma adesso che forse è possibile tirare un poco il fiato, mi sono accorto di non essere pronto, di essermi in qualche modo adattato a una prospettiva interiore che non prevedeva la serenità. Facevo molta fatica a convivere con me stesso, a sopportarmi, nel vero senso della parola: dentro ho una rabbia – di cui comprendo solo in parte l’origine e la causa – che mi accompagna e mi consuma. Affrontare la gioia da soli è un po’ il mio modo di esorcizzarla, di prendermi meno sul serio.
In questa lotta, come la definisce lei, la poesia non rappresenta una cura, non ha potere terapeutico. Al tempo stesso però per me è una compagna di viaggio, è ciò che a volte mi aiuta a rammendare gli strappi; e quando accade che riesca a rammendare gli strappi anche di qualcun altro che se ne impossessa e la fa propria, è il compiersi di un minuscolo miracolo.
Alessandra Corbetta
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