da Perigeion
Qualche giorno fa ho avuto modo di ascoltare Alessandro Canzian, fondatore e direttore di Samuele Editore, mentre presentava le ultime uscite del 2022; in particolare mi hanno colpito alcuni pensieri su Distopica, ultima recente raccolta di Marina Giovannelli. Andando a memoria (ma sono concetti che in realtà ho ritrovato nella sua centrata prefazione al volume), Alessandro sostiene che Distopica sia un lavoro importante perché spietatamente sincero, e perché affronta un argomento di cui in poesia si parla decisamente poco, e cioè la vecchiaia. Vecchiaia intesa come perdita, come mancanza delle persone che si sono amate e da cui si è stati amati; vecchiaia intesa come senso di una fine che si approssima, e quindi di un tempo che diventa sempre più breve; vecchiaia intesa anche come solitudine che si rinnova, nell’allontanarsi naturale e inevitabile dei figli e dei nipoti che crescono.
Per quanto conosca Marina Giovannelli da anni e ne abbia una stima profonda sia dal punto di vista artistico che da quello personale, devo dire che anche per me Distopica è un libro sorprendente nella sua fragile ma forte essenzialità, e che Alessandro Canzian ha ragione. Distopica è un lavoro coraggioso proprio perché, pur essendo scritto indubitabilmente bene, esprime una limpidezza spiazzante, verrebbe da dire una consapevolezza umana che non può che essere il frutto di un percorso lungo e ragionato: dai primissimi versi (“E’ rosso senza scampo / Stregata d’incendio terminale / lo sguardo all’assenza di confine / so che sarà presto silenzio”) alle molte splendide poesie che si incontrano nel fluire della raccolta ( “Che non ho paura di nessuno vado dritta alla noce / ho esperienza del male e del vantaggio”) emerge la figura di una donna non appagata, purtroppo non immune dal dolore, ma in qualche modo serena; una donna che nel dire quello che non si osa (“ Lo sanno tutti o gli pare una festa?”) sembra venire a patti con se stessa, rastremando nel mondo degli affetti ciò che è davvero essenziale e ignorando il superfluo, senza rassegnazione né colpa né paura, ma con la preghiera che in questo tempo “resti solo nudità di vita”.
Francesco Tomada
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