La poesia dei giorni
Filippo Passeo
Pagine 86
Prezzo 13 euro
ISBN 978-88-94944-71-6
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Prezzo 4 euro
Una controllata normalità espressiva, una pacata medietà di toni per date voce a un’inquietudine circolante, a volte sottilmente pervasiva: questo l’esito possibile, per un lettore, di un primo approccio alla poesia di Filippo Passeo, in questo sua nuova raccolta, La poesia dei giorni. Raccolta, ma in effetti soprattutto percorso unitario e in sé coerente, da vero e proprio libro, con venature e sani contrasti interni che ne definiscono la fisionomia.
Passeo si muove con sensibilità attenta ai vari risvolti del vivere e del vissuto, non senza momenti in cui preferisce abbandonarsi al “sopore di un’esistenza”. Un sopore, peraltro, molto provvisorio, in quanto l’autore si vede costantemente coinvolto nella realtà concreta, e dunque nella quotidianità molteplice delle cose, che spesso si manifestano in offerte di limpido cielo, in contrasto con il loro frequente squallore, conducendo il soggetto nei vari “tunnel per dubbi e inerzie”.
Passeo ci offre il documento in versi di un’anima. E non ha infatti remore nell’utilizzo di questa parola, “anima”, appunto, tanto abusata nel linguaggio lirico e quindi sempre a rischio di in logorio che può renderla troppo generica o convenzionale. Ma non se ne può negare l’autenticità utile nel fraseggio del nostro.
Maurizio Cucchi
La condizione II
Masso su un pendio.
Quanti colpi di scalpello
per smussarlo
e tenerlo in equilibrio.
Da laggiù
la valle profonda e scura
guarda
un’esistenza in bilico
male adattata o malcapitata
sotto una pioggia d’anni
obliqua e poco chiara.
Ethos
è domenica, io sto bene.
Un altro sta bene come me
e intrecciamo le mani,
tanti altri stanno bene come noi
e si uniscono alle nostre mani
verso chi non sta bene e non lo sa dire
o non sta bene e non lo può dire,
vicino, lontano.
Chiara e l’oscuro
Niente elettricità nelle braccia.
Niente colore sulle pareti della casa.
Quei pochi interruttori che ogni tanto
usavo per accendermi non funzionavano.
Pigiavo pigiavo e il buio
s’incollava all’indice,
pure la scintilla di un corto circuito
ho dovuto rimpiangere.
Non avevo finestre,
né chiavi per qualsiasi porta.
Si scontano tunnel per dubbi e inerzie.
Tuttavia, amici, questo succedeva
prima che lei arrivasse, perchè
doveva arrivare, doveva arrivare
dopo quell’arrivederci giurato
sul fuoco delle labbra.
Le tintinnavano tra la luce delle dita
le chiavi per tutte le mie porte chiuse.
Trattini
Tanta vita ho lasciato indietro
e non riesco più a trascinarla,
troppo gonfi di parole
i mondi che la popolavano
e che ora sono alla deriva
in quello spazio nero
che volevano illuminare
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