L’età verde – Alessandra Corbetta


 
 
L’età verde
Alessandra Corbetta
Pagine 104
Prezzo 13 euro
ISBN 979-12-81825-09-3
 
 


 
 

Nel tempo si scopre che diciamo “io” e ogni volta raduniamo una trama di ricordi, sequenze di immagini o situazioni che compongono quella leggenda, quell’esile mito di noi stessi. E più tardi, ancora nel tempo, diventiamo consapevoli del fatto che è una leggenda, un mito che resta scarso e fragile rispetto al nostro bisogno di essere. Eppure non possiamo ignorare che anche l’assoluto è una necessità, anche credere e sperare che ci sia davvero un “io” (e un “noi”) protagonisti della vita. Che qualcuno, una voce se non un “io”, risponda di quanto ci è accaduto e ci saldi agli altri, fatti della stoffa dei vivi e dei morti, che ha in comune quegli stessi fili dei quali è intessuta la vita che diciamo nostra. Per questo c’è ancora bisogno di immagini, di parole, di favola, di sonno e di sgomento. E della voce della poesia. Ma la trama del passato resiste nel flusso della vita che vuole ancora tempo, oppure si lacera proprio quando pare compiere un senso?

 
 
 
 
Nel bosco sempreverde nascono le bambine,
ripetono il giro da tempo immemorabile.
Tra gli alberi conservano i fermagli di ogni vita
ma sanno che presto saranno cianfrusaglie.
 
Dove sia il bosco sempreverde le bambine
non possono dirlo, né indicarlo sulla mappa.
Nessuna gelosia o avarizia, ma solo
un trucco per custodirne il segreto.
 
Così sulla strada lasciano un’assenza
o un vuoto più chiaro
perché nessuno possa trovarle.
Ma non credere che smettano d’aspettare…
 
 
 
 
 
 
La Madre retrocede nello splendore.
Stare nel bosco è rinunciare, amare tanto.
La bambina ha imparato da lei cos’è l’amore:
guardare insieme la vipera cantare.
 
In un angolo di bosco la Madre coltiva
fiori rossi e canta la bellezza della vita.
Stupita la guarda la bambina, osserva
che sopportare cambia la luce delle cose.
 
In un barattolo di vetro prepara occhi nuovi
per il grande compromesso.
E dorme e si sveglia intanto la bambina.
L’ha sentita agitarsi nel lettino…
 
 
 
 
 
 
Arrivò il giorno – un giorno –
in cui capii di somigliarti
più degli altri.
 
Non la somiglianza scommessa in sala parto
né quella al gioco degli scacchi.
Comunanza strana quella che ci lega:
la paura di ripetere gli errori dei padri.
 
 
 
 
 
 
Silenzio intorno, il cucù si è chiuso a riccio.
Nella stanza accanto sono scesi i santi
e ora ti stanno col fiato sul collo.
 
Concedi una lacrima da attrice teatrale,
perdendo calore ti fai gelo
e io mi trasformo in cristallo.
 
Di umano resta solo il copriletto
e il coniglio della sera prima.