Peepshow – Giovanni Turra


 
 
Peepshow
Giovanni Turra
Pagine 174
Prezzo 13 euro
ISBN 979-12-81825-13-0
 
 


 
 

Insieme con gli inediti de Il bosco degli spiriti, composti negli ultimi anni, questo volume raccoglie tutte le poesie di Giovanni Turra già pubblicate.
Delle raccolte incluse è mantenuta la fisionomia originale, secondo un percorso che consente di ricostruire l’evoluzione di Turra: si trascorre così dal dominio serrato di un’architettura compositiva che ritraeva luoghi e persone nell’istante di un crollo, nel loro nuovo ordine di macerie, ai conseguiti slarghi degli ultimi testi, dove, se pure il tono si fa qua e là più narrativo, il discorso posa su forme comunque riconoscibili.
A colpire sono però la coesione e la coerenza di un corpus poetico che progredisce nei suoi inesausti conati di breccia: da un caseggiato con finestre, balconi e cortili interni, al limitare di un bosco che ricorda l’Ingens Sylva dell’inconscio; da un io sempre di sbieco, più e meno dissimulato, al necessario trasfondersi nell’altro da sé; da un inventario di reliquie, piccole manie, tic, all’intimità riparatrice dell’explicit.
L’insistere degli accenti e delle figure di suono, la manomissione del periodo e la presenza di termini obsoleti o desueti costringono il lettore al ripensamento, avvitandolo in un’esperienza quasi mistica: ogni parola sembra tornita con l’accetta e lo sguardo è ora allato ora frontale. In punta di linea un precipizio ci attende: vorremmo poter tornare indietro ma la gioia di buttarci ci esorta, un altro schiaffo di bellezza.
Peepshow conferma quella di Turra come una voce forte nel panorama italiano odierno: canto, grido o verso animale, essa chiede (non intima) amorevole attenzione.

 
 
 
 
2.
 
Apprendo dei cambi di stagione
la notte dai libri,
i segnali che danno
assestandosi sui muri.
 
E le stampine del pornografo,
l’ottomana nei bordelli,
un’edizione in ottavo,
fragrante nelle mani.
 
 
 
 
 
 
I l t o s a e r b a
 
Niente che sia più rumoroso
di un condominio.
 
Gli schianti del cancello
dell’ascensore
durano ben oltre
la mezzanotte.
Fa tremare la parete dietro me
il sibilo protratto
di uno sciacquone.
La camionabile degenera infine
nella noia sciamannata
degli spazzini.
 
Sotto la finestra a inferriata
della mia insonnia,
compie i suoi allunghi mattutini
il vicino, al traino
di un tosaerba bimotore.
 
 
 
 
 
 
I l l i m o n e c i m a t o
 
Il limone cimato che l’altr’anno
con pena trascinasti dentro casa,
alto ancora e rigoglioso
nel suo capace catino zincato
– la terra nera spanta
tracciò la diagonale tremolante
tra l’ingresso
e la finestra grande del soggiorno –,
adesso sfoglia lento per l’inverno.
 
Come non lo vedevi prima
nella luce bianca del mattino:
le faccende da sbrigare, le false
partenze, la giornata al lavoro.
 
E come ne indovini ora
la vita silente ov’è più buio,
putrefatte radici,
bollicine e melma quando beve.
 
Voce che parli senza voce
e ci ammonisci docilmente.
 
 
 
 
 
 
A n i m a l i d a s o m a
 
Parlano alemanno
un uomo in età e una giovane
donna, come dolendosi
liricamente
di qualcosa. Avrebbe potuto
essere questo il tono
e la posa, l’afflato
dei sodali amici di Gesù
ai piedi della croce.
 
Parlano i due
come da una grata.
Alternano velari
e gutturali
negli orecchi a un cavallo.
 
Ha la bocca sconciata dal morso
madido. Gli zoccoli son fessi
e mezzo aperti. Non nitrisce,
raglia. Gli si rompono i ginocchi
per la fatica del basto.