AMORI E BALDORIE di Dario De Nardin


 

AMORI E BALDORIE

tra Veneto e Friuli negli anni ’60

Dario De Nardin

racconti

 


 

“E’ ancora abbastanza presto e Faustino spera che le luci di casa siano ancora accese. Ecco la siepe ed ecco il grosso frassino proprio davanti alla finestra illuminata sul quale si va ad arrampicare, un po’ sul tronco liscio poi agilmente di ramo in ramo. Oltre i vetri senza tende c’è un letto ancora intatto e nulla si muove, ma non ha sbagliato finestra, Faustino ne è sicuro, deve solo aspettare. L’attesa è lunga, lunghissimi minuti, ma ecco che infine qualcuno vi si muove dentro. Ci vede benissimo dalla sua postazione ed è ciò che andava cercando e – madonnina! – lei ha poche esitazioni, pare che debba recuperare tanto tempo perduto e in un battibaleno s’è tolta maglietta e gonna e sottogonna, poi s’arresta e si passa le mani contro il ventre nudo e sui fianchi.
Così è. E quello è il suo ventre. E quelle le sue spalle e le sue gambe… E le sue mani tese e i polpastrelli che sfiorano se stessa… e la scrollata di testa all’indietro che fa ballonzolare i seni dentro le loro cuffiette merlettate.
E’ tutta lì, una composizione irreale proiettata negli occhi di Faustino come l’immagine in un magico cannocchiale, si muove scandendo gli istanti e anche le palpebre del ragazzo battono il tempo e percepiscono figure sovrapposte a quattro dimensioni fin quando il proiettore funziona e poi, clic, la luce si spegne e l’ultima immagine gli rimane negli occhi appiattita e scolorita e al momento pare che ne sia indelebilmente incisa. Invece ecco che sfugge e a niente serve chiudere gli occhi e tamponarli con le mani aperte, i contorni si dileguano e non rimane che un rettangolino bianco che si muove nel vuoto fuggendo e a nulla vale tentare d’inseguirlo, ché intanto perde la sua intensità luminosa e poi più niente.
E’ tutto finito. Al ragazzo non rimangono che un paio di occhi pieni di buio e la strada del bosco da rifare a ritroso e lo zaino lasciato nella legnaia…
Eppure il buio non è il nulla. Il nulla è bianco o incolore mentre il buio è pieno di cose, non è il vuoto, è pieno di tutte le cose immaginabili, è solo un’entità senza luce, ma per il resto non gli manca nulla. Se si vuole ha pure ciò che non ha e che si può attribuirgli e infatti Faustino sa che la finestra è ancora là e, oltre la finestra, la stanza e il letto con le sue lenzuola che sono pur bianche, nonostante il buio, e rigonfie perché avviluppano qualcosa di esistente, di presente. Di vivo.
è là, anche se non la vede è tutta quanta là dentro che sta allungando una gamba e si tira le coperte sulle spalle e ha una mano sotto il cuscino e l’altra abbandonata sul fianco o sull’anca o sull’inguine nascosto. Magari proprio là infilata sotto l’elastico delle mutandine e rilassatamente muove le dita fra i peli, ne arricciola un ciuffetto e mentre aspetta che l’avvolga il sonno pensa (il buio è fatto di molti pensieri) pensa… A che?
“Non vorrei inventarmeli i suoi pensieri, vorrei conoscerli veramente, vedere anch’io ciò che va sfilando davanti ai suoi occhi chiusi Anche per lei nel buio ci sarà tutto un andirivieni di immaginazioni, di ricordi, di fantasie, di sensazioni”.
Non si decide a scendere dall’albero e continua a guardare il buio dentro la finestra.”
(da Fòia)