Sussiste uno stretto rapporto tra poesia haiku e lingue minoritarie, il quale si sostanzia in modo lampante nei componimenti che adottano il vernacolo a prescindere da quello specifico dialetto scelto. Come ho già avuto occasione di discutere in un precedente articolo redatto ad hoc a tema “haiku e dialetti italiani”, anche l’opera di Gianni Moroldo, intitolata Antîc al è il cûr [Antico è il cuore] (Samuele Editore 2021), incarna tutte le caratteristiche tipiche derivanti dalla scelta di comporre nel proprio dialetto di appartenenza. L’idioma specifico, attraverso il quale gli haiku sono stati redatti, è quello del paese carnico dove il poeta ha vissuto la sua giovinezza, cioè Amaro (Ud), ossia il dialetto friulano. Ciò ci fornisce già un punto importante dal quale partire per comprendere meglio la poetica insita in Antîc al è il cûr: le lingue dialettali parlate nell’Italia nord-orientale, quale il friulano chiaramente appartiene, vengono classificate e incluse nella più ampia famiglia delle lingue neolatine. Queste ultime hanno la peculiarità di infondere una caratteristica musicalità ai componimenti, amplificando ed esacerbando, il più delle volte, l’eufonia di una lirica. Un esempio emblematico, lo ritroviamo anche nella seguente poesia haiku di Moroldo, anche se questo elemento rappresenta certamente un leitmotiv che pervade buona parte dei suoi haiku presenti nella raccolta:
il cîl al scurìs
sore il vert dai bedois
sun di cjampanis
si oscura il cielo
sul verde delle betulle
suono di campane
Si presti attenzione alle numerose assonanze e allitterazioni presenti in questo componimento.
Inoltre, questo haiku suscita particolare interesse, ed è degno di essere citato, non soltanto a causa della musicalità e dell’eufonia infusi nei versi, ma anche per quel senso di “profondità e mistero” (yūgen) che esplode nella mente del fruitore del testo poetico. L’atmosfera lirica è permeata da un alone misterioso, non afferrabile in pieno razionalmente: la componente visiva predomina nei primi due ku (versi, momenti poetici) mentre allo shimogo (terzo verso) subentra una suggestione prettamente uditiva. Ciò contribuisce, in maniera determinante, anche a trasmettere al lettore una fascinosa sensazione (shiori) emanata da questi tre piccoli versi.
Antonio Sacco
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