Asterischi
Emilio Di Stefano
Pagine 116
Prezzo 12 euro
ISBN 978-88-94944-32-7
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Prezzo 4 euro
“Sanno di terra, di canne, di valloni / le mie cose”, dichiara di sé Emilio Di Stefano, in Valloni e nevai, non senza aver premesso nello stesso testo le sue predilezioni in materia di poesia (“Non amo la purezza cristallina / il nitido dei versi / che dai nevai accarezzano le nuvole”).
Lineare, ineccepibile, coerente: una vera e propria dichiarazione di poetica, tanto più significativa in quanto contenuta nel primo testo dell’intera raccolta; significativa più ancora di quella che leggiamo nel testo successivo, Asterischi, dove analogamente si svela denunciando il fastidio nei confronti del “romantico brusio” dei libri e di quegli autori che, a suo parere, di tale afrore alonano e intridono le loro pagine.
Lui, Emilio, al sentore dei libri, preferisce “l’odore di fritto” (più avanti anche quello della “menta” e del “rosmarino”), effluvi e fragranze della vita concreta, quotidiana, pago dell’”inutile essenziale” esibito nel titolo di un altro testo col suo elenco di cose da tenere a mente e da salvare, come in una sorta di sirventese provenzale aggiornato.
Vincenzo Guarracino
È giunto finalmente il tempo in cui, anche in Italia, è possibile saggiare un metodo di lettura sperimentale, utile ad un ulteriore modo di giovarsi della poesia: quello terapeutico, almeno nel senso lato della parola, cioè la poesia-terapia utilizzata non solo in ambito clinico, ma anche come strumento di autoconoscenza più profonda.
Così, dopo una mia pionieristica ricerca e sperimentazione durata circa venticinque anni, posso finalmente mettere al servizio di questo interessante e disponibile poeta un tipo di lettura psicocritica (almeno parzialmente) del suo testo poetico Asterischi e del rapporto fra le sue due ultime opere poetiche (Provvisorie conclusioni edita da Samuele Editore nel 2015, e questa nuova opera poetica, intitolata Asterischi). Si tratta di un metodo di lettura che definirei integrato fra: Psicocritica, Fonosimbolismo, G. Contini, R. Jacobson e aspetti del pensiero lacaniano confluiti nel metodo di Stefano Agosti: primarietà del Significante nel suo rapporto coi Significati; infine il pensiero di Stefano Ferrari sulla “Scrittura come riparazione”; il tutto è intelaiato da un approccio squisitamente interpretativo con suggestioni di tipo psicodinamico.
Marisa Brecciaroli
Cenni di lettura psicocritica verso Poetry Therapy
Asterischi
C’era scritto sulla costa dell’ultimo libro,
lì, sulla destra, al quarto scaffale dell’esagono sacro:
“Paralipomeni”.
E dentro le pagine intonse,
in un quasi vergognosissimo romantico brusio,
le traversine, le aspre e sconosciute balze
posavano in uno slargo da confino.
Più avanti, rannicchiate, si raccontavano
le foto di Delia e di Guevara,
le ricette stilate a mano da Lucia,
l’adulta dottoressa adolescente
che si accaniva coi ragguagli sul mio cuore
Restavano tra i nodi gli “inutili davvero”:
i vinili da scartare per i graffi,
i rossi bevuti per piacere,
e quelli consumati
per volti e seni da tempo senza nome,
compitati nei disegni infantili alle pareti.
Tra quei residui inanimati,
argenteo il pesciolino dei libri
aveva lasciato la sua traccia;
e l’asterisco pareva rimandare
alla nota concludente,
la sinossi a piè pagina mancante.
Mattino
Come le stelle all’aprirsi del giorno
arrendersi
per bagnarsi di fresco
prima che scaldi l’asfalto.
Lasciarlo poi scivolare quel dito
su incerti capelli di case,
su cime di abeti recisi da tagli impudenti.
Poi, sul limpido sbreccato dell’aurora,
fermare a memoria
lo stridere acuto del grido
di ogni innocente mattino.
L’aquilone
Va tra licheni arrugginiti
il canto di trecce imbizzarrite
nel filo d’arpa all’improvviso ingarbugliato.
Piange il bambino
ed è inutile tormento per quei nodi
la parola raccontata:
il soffio d’aria,
l’invisibile tappeto sulle ali.
Più su dei sassi rugosi
si librava, forse, l’odore di marzo.
La brecciata
Le biglie di vetro,
il ciondolo del santuario
col santo sorridente,
i tappi a corona
e tutto l’altro tesoro
tintinnava nelle tasche
per i salti tra le buche
della brecciata “Riccardo Romano”.
Ho affondato le nocche
nei lunghi pantaloni di velluto,
rivedendola nera,
ormai asfaltata quella strada
e sorridendo ho ringraziato te della premura.
Ma non era l’accendino che cercavo.
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