La poesia di Cesare Lievi è un appuntamento da non perdere: ha il sorriso aggraziato della ballerina di alta scuola il cui gesto ha appreso perfezione attraverso un percorso.
Il titolo di quest’ultima raccolta ha una punteggiatura ragionata che nutre la sintassi di significati. “Nel vortice” metaforizza la condizione esistenziale della società occidentale contemporanea, in accelerazione esponenziale su se stessa senza sbocchi, senza un perno individuabile e gestibile, in sorpasso sfrenato e autosabotante sulla propria tenuta antropologica. Quale struttura mentale potrebbe reggere il passo, interrompere, individuare un senso al flusso caotico? Nessuna che preveda paradigmi rassicuranti, perché inghiottiti dagli eventi prima ancora di declinarsi.
In questo disorientamento, figlio dell’ultimo secolo e negli ultimi decenni sempre più stordente, difficile è stare, vivere nel vortice, guardarlo muoversi travolti in una “bufera infernal che mai non resta” come dovessimo scontare la morte vivendo nell’ansia. Molte parole ho speso sul vortice, ma Lievi ha ben altra attenzione: il filo (secondo elemento del titolo). Filo di Arianna? Forse, ma verticale, non orizzontale. E la salvezza non è una via d’uscita, non sta nello spostamento, bensì in una possibilità dello stare, in una capacità di sguardo che il poeta offre sul mondo fisico e metafisico in dialogo con le tre teste del drago orfico e le anime dei defunti, dei vivi e dei nascituri.
Poniamo che il vortice sia il battente di una porta e il filo la retta su cui sono montati i cardini. Nella realtà il battente separa un dentro e un fuori nel medesimo spazio, lo spazio del mondo, ma nella trasfigurazione poetica la distanza qui/altrove viene estremizzata fino a dimensioni metafisiche di vita/morte, anima/corpo. Nel suo vorticare qualche volta il battente permette di intravedere per un attimo l’altrove, l’invisibile. “Concede a volte il cardine al battente / anche l’altra apertura, l’impossibile” (p. 13). Diversi sono i giri di ruota nei tarocchi, perché quelli sono sottomessi ai disegni del fato e indicano cambiamenti di destino, questo è un vorticare immobile con il vuoto al centro.
Camilla Ziglia
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