Sono tanti gli autori che, a un certo punto del loro percorso, hanno dedicato poesie – splendide per altro – ai propri compagni o compagne, mariti o mogli o altro che fossero. Viene subito in mente il Montale dei testi dedicati alla moglie Drusilla: Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio/non già perché con quattr’occhi forse si vede di più./Con te le ho scese perché sapevo che di noi due/le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,/erano le tue; o il Caproni dei testi dedicati alla mogie Rina: Amore mio, nei vapori d’un bar / all’alba, amore mio che inverno / lungo e che brivido attenderti!; o quell’Alda Merini dei versi dedicati al marito Ettore Ieri sera era amore,/io e te nella vita/fuggitivi/e fuggiaschi/con un bacio e una bocca/come in un quadro astratto:/io e te innamorati/stupendamente accanto.//Io ti ho gemmato e l’ho detto… naturalmente potremmo continuare a lungo in questo elenco ma ci limiteremo a dire che Gabriella Musetti, con alcune memorabili pagine de La manutenzione dei sentimenti può essere annoverata in questa schiera di autori che hanno voluto con la poesia testimoniare l’amore per i propri cari e trovare, al tempo stesso, quella quiete consolatoria che da personale si trasforma sempre, quando i testi sono di così alto livello, in universale. Con questo non voglio dire che l’opera della Musetti non sia ricca di altrettanti spunti di indagine e ricerca, di cui a breve parlerò, ma solo che si sofferma in particolar modo sui sentimenti – prova ne sia il titolo del lavoro – ricongiungendo la sua poetica sull’amore e sulla figura del marito a una sorta di bene comune, da non perdere, da conservare ben saldo nella memoria, da non permettere che il passare del tempo o la violenza di una malattia possano distruggerlo.
Dunque, se da una prima lettura del libro capiamo subito che l’autrice mette in scena il resoconto di una vita matrimoniale, non possiamo non cogliere che questa viene congiunta alle esperienze vissute in vari luoghi, in città diverse, apprendendo da ognuna di esse qualcosa che merita di essere ricordato, che si lega ancora di più al ricordo del vissuto. Non sto parlando di un resoconto diaristico, è chiaro, ma di un lavoro che fa immergere il lettore in una dimensione ampia, calandosi in una prospettiva dove le trasformazioni dell’esistenza di ognuno possono comunque diventare condivise e utili per comprendere sé stessi e gli altri. E, in questo modo, ogni luogo assume un ruolo fondamentale, fondante si potrebbe dire, per la vita e per l’esistenza stessa dell’autrice: Genova è la sete dei vent’anni; Manchester, Parigi, Novara, Salisburgo, Lubiana, Kioto… sono i passaggi e l’intercalare dell’esperienza dell’amore coniugale con il viaggio – inteso in tutti i sensi -; Trieste è l’approdo, il porto sicuro che non entusiasma ma rassicura una barriera di miti consacrati/un po’ antiquati forse… ma stiamo qui da tempo e oramai/è diventata l’ultima stazione. In questo percorso fatto di tante tappe – anche e soprattutto interiori – ci colpisce l’atmosfera sempre tesa alla premura, alla pazienza, alla comprensione che Gabriella Musetti è capace di ricreare sia che si tratti di momenti esaltanti dettati dall’ardore della giovinezza, sia che si tratti di sacrifici effettuati comunque con responsabilità e serenità per la famiglia, sia che si affronti il tema dell’invecchiamento, della malattia del marito che devasta il corpo e l’anima e, la chiosa della prima parte del libro che esplicita quanto sia difficile confessare questioni così private, quanta energia richieda quest’atto, conferma come tutto si poggi sulla necessità di dire, quasi un obolo che la vita stessa ci chiede, e che in particolare – dice l’autrice – viene richiesto alle donne adulte, a quelle di un’epoca passata che ripensando al tempo che avanza lo connettono, inevitabilmente, con il pensiero della morte.
Cinzia Demi
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