A settembre e, in particolare, nei giorni del Festival, come è noto sono date alle stampe i nuovi libri delle famose collane Gialla e Gialla Oro di Pordenonelegge in collaborazione con Samuele Editore.
Roberto Cescon, storico collaboratore del Festival e curatore delle due collane assieme ad Alessandro Canzian, Augusto Pivanti e Gian Mario Villalta, così descrive le nuove opere dei più giovani: “Eucariota di Giuseppe Nibali ci ha colpito per il modo in cui tratta la voce che prende parola nei suoi testi. Siamo spiazzati, perché ogni volta dobbiamo entrare in quella voce e in quel corpo, di volta in volta uomo, donna, animale. Questa commistione di umano e non umano, uomo e animale si rileva nei comportamenti e nel modo di muoversi che nelle sue poesie accomuna appunto uomini e animali, per esempio per la violenza, l’inermità, la giustizia e la colpa, il male.
Clone 2.0 di Vincenzo Della Mea è un testo che farà discutere perché è costruito grazie all’intelligenza artificiale, nel senso che l’autore, che nella vita insegna informatica all’università, ha addestrato secondo particolari criteri una rete neurale caricando migliaia di testi poetici della nostra tradizione letteraria e aggiungendo altri testi afferenti alle neuroscienze e alle reti neurali. Questo libro ci ha colpito non tanto perché il tema dell’intelligenza artificiale è attuale: di fatto, abbiamo forzato i confini della lirica perché quello che leggiamo è il testo uscito da una macchina programmata da un uomo. Chi è io in questo caso? Le parole e il senso presente, nei versi, hanno un vero significato? La macchina ha fatto esperienza del mondo? Si muove? Ha un corpo? Ecco, allora, che quest’opera è come un test di Turing al contrario: attraverso di essa noi vediamo l’umano, l’autore umano riconosce la specialità e la creatività umana rispecchiata negli esiti della macchina. L’umanità artificiale della macchina invera l’umanità nell’uomo.
Terra dei ritorni di Alessandro Anil è un testo secondo noi originale nel panorama poetico dei nostri tempi: il suo verso lungo, che attinge alla tradizione orientale, è un luogo dove germinano continuamente immagini, ripetute e variate, una sull’altra, che conducono una melodia dominante: la sera e l’auspicio dell’incontro. L’incontro è animato dalla sete, altra parola importante che attraversa l’opera, e che ha che fare con la metamorfosi, il movimento, il desiderio di superare la fine, la morte che incombe. E poi c’è quella voce che chiede ripetutamente al tu, che è ora il lettore ora l’amica mia, “lasciami entrare”. La voce presente in quest’opera crea un movimento avvolgente in avanti e indietro, popola lo spazio del verso di presenze”.
Se con la Gialla sembra di entrare nel tempo dell’inquietudine, la Gialla Oro, con le firme di Mario De Santis, Martin Rueff e Tina Volarič, conferma la dislocazione socio-emotiva di questi tempi che è già cominciata da molti anni. Con De Santis in Corpi solubili, titolo ispirato da Antonella Anedda, si fa ingresso in un mondo sempre più periferico e conurbato, gremito anch’esso di sinistri avvertimenti rispetto a una spiazzante (ma forse anche suggestiva) perdita d’orizzonte. È lo sguardo perennemente in viaggio che sembra rimandare a cose sempre nuove, eppure costantemente contenute nello sguardo poetico. Rueff, invece, in Icaro grida in un cielo di creta coglie il nesso profondissimo tra lingua e poesia, accetta di arrivare da lontano, probabilmente da Mallarmé, ma anche di essere contemporaneo. La realtà risulta ricreata dalle parole, la poesia reinterpreta il concetto di anagramma attraverso la figura di un Icaro ucraino figlio dei nostri tempi. Tina Volarič, in Silenzi a più voci, fa emergere il rapporto indissolubile tra disegno e scrittura, in cui la natura, inquietante e umbratile, vive in una continua metamorfosi, avendo luogo nel verso dove l’io si riduce nei sommovimenti dell’ambiente che lo circonda e lo ingloba.
Gisella Blanco
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