Dal sottovuoto – poesie assetate d’aria

 

DAL SOTTOVUOTO. POESIE ASSETATE D’ARIA
a cura di Matteo Bianchi

testi di
Giancarlo Pontiggia, Alberto Bertoni, Anna Maria Carpi, Maurizio Cucchi, Elio Pecora, Eleonora Rimolo, Anna Ruotolo, Mary Barbara Tolusso, Federico Rossignoli, Alessandro Moscè, Valentino Ronchi, Lucianna Argentino, Tommaso Giartosio, Maria Giorgia Ulbar, Maria Borio, Erminio Alberti, Franco Arminio, Paolo Ruffilli, Giovanna Rosadini, Fabrizio Lombardo, Nicola Bultrini, Rossella Pretto, Franca Mancinelli, Italo Testa, Stefano Simoncelli, Valentina Colonna, Flaminia Cruciani, Luigia Sorrentino, Gerardo Masuccio, Umberto Piersanti, Giovanna Frene, Gian Mario Villalta, Tiziano Fratus, Roberto Pazzi, Stella N’Djoku, Gabriella Sica, Franco Buffoni, Valerio Magrelli, Tiziano Scarpa, Alessandro Agostinelli, Francesco Forlani

Pagine 178
Prezzo 13 euro
ISBN 978-88-94944-21-1

 
 


 
 
Versione online Sbac!
Prezzo 4 euro


 
 

La solitudine, sia mistica sia solo forzata, è stata spesso il propellente invisibile che ha acceso il silenzio interiore, che ha smosso l’immobilità di fondo di svariate penne italiane. Una su tutte fu quella di Dino Campana: il poeta scriveva grazie alla contrapposizione tra “io lirico” e “moltitudine”, alla dialettica che si imponeva tra “tempo” e “fuori tempo” quale rapporto tra l’individuo e i ritmi della sua comunità di appartenenza.

Dal sottovuoto. Poesie assetate d’aria, antologia in uscita per Samuele Editore, mette nero su bianco la volontà di confrontarsi sul tema dell’isolamento, di una quarantena tanto improvvisa quanto obbligata. L’idea è scaturita dalle sparute riflessione trapelate sul web, ovvero dalla necessità sommersa di molti intellettuali di liberare un vuoto interiore che una volta confinato rimbombava con maggiore violenza. «Dovremmo pronunciare ogni parola vera come fosse un’agonia o un testamento», sosteneva Ceronetti in Poesia e solitudine (1986). Parimenti, un movente così decisivo per gli animi del 2020 non poteva essere ignorato a priori come un semplice “fattore esterno” – una trascurabile casualità – né ridotto alla solita boutade per stampare altra carta e battere cassa quando il silenzio non può più essere abbastanza. Da parte di Matteo Bianchi, il curatore della selezione, non c’è stata alcuna intenzione di strumentalizzare un momento drammatico, tantomeno di estetizzare un dolore condiviso; tutt’al più di anestetizzarlo facendolo vibrare. Non va tralasciato, infatti, il tentativo di opporsi al panico generalizzato, di scongiurare una paura che se fomentata avvelenerebbe irrimediabilmente il nostro futuro. «Eravamo già ciechi nel momento in cui lo siamo diventati, la paura ci ha già accecato, la paura ci manterrà ciechi», ammoniva Saramago in Cecità (1995).

Il curatore ha poi deciso di ordinare gli inediti quasi si trattasse di un sentiero, di un percorso per ritrovarsi attraverso le voci dei quaranta autori coinvolti, consentendo un dialogo tra poesie provenienti da clausure personali, che nella fame d’aria manifestata si tendono l’una verso l’altra. Tramite le risorse intime di ciascun autore e la riaffermazione di ogni individualità, i versi in questione trasformano incontri, oggetti e gesti abitudinari in testimonianze emblematiche di una realtà oramai irreparabile. Leggendo i testi come fossero anelli intrecciati di un’unica catena – che cozzano e risuonano a seconda dell’armonia – ci si rende conto di quanto il bisogno autentico e senza soluzione di isolarsi, di allontanarsi da un rumore più o meno riconosciuto, fosse già insito in loro e cercasse talvolta appagamento per mantenerli in equilibrio.

[…]

Le potenzialità della narrazione, fondamento di Dal sottovuoto, emergono dalla costante obbligata della stasi che ha tolto il confronto dialogico impostando il soliloquio e permettendo l’istanza dell’antologia, che altro non è che un segnare il momento, non volendolo sacrificare. I poeti si sono messi in discussione non solo come uomini e donne, ma non di rado come voci che potevano riflettere uno stato più ampio. Ponendosi domande, perché si tratta di un libro di domande, che amplificano esponenzialmente il vissuto del singolo grazie alla possibile presenza altrui, nonostante la distanza. Motivo per cui la Samuele Editore ha risposto con particolare prontezza al progetto. Dal sottovuoto si conferma una possibilità non espositiva, non estetica, che ha trasformato la precarietà delle giornate in laboratorio in primis con se stessi, poi con gli altri poeti, poi con il lettore.

Il nostro è stato quindi un appello alla costruzione di una testimonianza storica, oltre che sociale. Memore del passato, utile per il futuro. Utile a noi. Chissà se la reclusione costante, al pari della stretta al cuore per la perdita non delle piccole libertà quotidiane bensì di un affetto, non ci costringa a crescere come fanciulli in lutto, travolti e colmati da qualcosa che per riuscire a sopravvivere sproni a crescere anzitempo, il sentimento rappresentato fedelmente dal male oscuro di Berto. Possa quindi, ciò che ci spaventa e ci affligge, renderci migliori.

Matteo Bianchi

 

Il 50% dei proventi del libro verranno donati in beneficenza alla Sanità o alla Protezione Civile, per dare un aiuto concreto.

 
 
 
 
E si ritrae, intanto, la città,
in qualche buco dell’etere, ventosa
che ci risucchia, e non ci lascia andare,
vaghiamo
tra i bachi della mente, altri bachi che s’intrudono
nella compagine del mondo,
sono io, davvero io, quello
che cammina tra i pioppi, altissimi, che oscillano
in un garbino leggero, e niente che si muova
intorno, solo una strana
vocìa tra il sogno e il tempo
di allora, o di prima, e sempre
questo silenzio immusonito che sciaborda
è il tuo vento, città, nuovissimo e altero,
immoto sopra i pianori di City Life, guardo
la mia, la nostra, non vostra solo,
vita che s’inoltra in asfalti solitari,
qui, a un metro
dal nostro spavento: non così alta
la nostra mente, che non tremi,
non così alta, dico, a mezza voce,
e non uno che consuoni,
o risponda.
 
Giancarlo Pontiggia
 
 
 
 
 
 
In questo piatto orizzonte post umano
di vuote identità estroflesse, di intimità
svendute alla quotidiana narrazione
oscena, difendo quel poco l’abitudine
anonima, domestica, come il pensiero
assorto di Zoe che si assopisce
e poi balza d’elastico incanto immutato
verso un apice reale, un apice
realmente immaginario nella sua fisica
normalità.
 
Maurizio Cucchi
 
 
 
 
 
 
III.
23 marzo 2020

 
“Quanto potremo resistere?” – dice bene lei
mentre prega – che poi resistere vuol dire durare:
“Soffia via il male, come hai soffiato i demoni,
liberaci adesso, soffiarlo deve esser più facile…”.
Si stacca dal computer, conosce un fine nelle cose,
il volto di Gesù, bellissimo, la sveglia fluorescente,
il pettine di legno, la crema per le mani, le pastiglie
sul comodino al loro posto e anche l’aria che Lui
ha lavato dal male e dalla paura di una vecchia
per la neve di marzo, veloce e grigia in una notte.
“Il 25, a mezzogiorno, il Papa chiede ai cristiani
in tutto il mondo di dire insieme Padre Nostro
che sei… – e saremo liberi, liberi”, sì, e anche lei
sorriderà nell’ovatta, pensando sempre ai miracoli
senz’altro veri, al volto bellissimo, giovane, di carta.
 
Maria Borio
 
 
 
 
 
 
La paura
1 marzo 2020

 
Non sappiamo quando
è cominciato questo mite, tragico inverno.
Mai vista così immiserita
la gioia
e mitemente squallida
ogni sera
dove nessuno tiene a fianco nulla.
Penso a chi numera più volte la sua febbre.
Penso a chi muore senza testimoni
del suo ultimo respiro.
Di molte dolcezze è avara
la stagione,
di nessun futuro è certa.
La nostra città natale
è la paura.
 
Franco Arminio
 
 
 
 
 
 
Cosa possono le parole in questo tempo
che si allarga lento, di giorni passati
a macerare pensieri per i distanti,
per i propri cari. A cosa vale la mano
che non ti può toccare, lo sguardo,
 
se non ti può più avere e vaga sperso
oltre ai vetri chiusi che dicono primavera.
Ecco, il rombo della Storia ci ha raggiunto,
ci credevamo immuni, non era il punto.
 
Ora, ogni cosa appare nel suo vero nome,
ciascuno è nudo e vulnerabile al contagio,
ciascuno è solo di fronte al proprio lume
 
che allontana lo scuro di ogni naufragio,
inerme e speranzoso – fino al mattino,
quando sarà di nuovo mondo, vicino.
 
Giovanna Rosadini
 
 
 
 
 
 
Nessuno abbia sintomi, vi chiedo
non tossite né si alzi la febbre
rimanete al vostro posto.
Non crediate nella malasorte
ché l’amore, da queste parti aiuta.
Nessuna retorica, non c’è confine
per quanto possiate dubitare
voglio pregarvi salvi
questo non lo potete impedire.
 
Nicola Bultrini
 
 
 
 
 
 
Mentre in città chiudono anche i negozi i ristoranti
(la vita si ferma), la fila di carri funebri cammina
dagli ospedali al cimitero. In solitudine si muore,
senza aiuto o qualcuno a tenere la mano, alleviare
le ore, una morte a cui non avevamo pensato.
I nostri morti non hanno fiori funerali saluti,
solo altri morti in attesa di una tumulazione – in fila
le bare come treni in stazione prima della partenza.
 
Non vie di fuga ma una stanza che può somigliarsi
– il mondo soltanto – e non possiamo fuggire, non possiamo
che aspettare la fine dell’incubo, pregare a distanza
dai nostri appartamenti, amare negli stenti più forte ciascuno
con la stessa euforia di quando sentiamo più vicina la perdita.
In questa morte qualcosa ci mantiene più umani, dai rifugi
ci stringe già vivi di melodie salendo dai piani, riempiendo
i cortili che tengono insieme sconosciuti balconi per lottare
con tutto l’amore che non avremmo pensato un tempo di avere.
 
Valentina Colonna
 
 
 
 
 
 
Il giallo di giugno a memoria nella mente
è il ruvido delle spighe, e sangue ardente
i papaveri all’inarcarsi
del cielo, secondo l’ordine del pensiero.
Nera schiena del tempo. Rosso selvatico istante.
Questo tu lo hai creduto: immutabile
la geometria del sentire contratta in natura.
Hai creduto. Invece il vero
è arrugginito all’origine e rinverdisce
con photoshop il disegno dei campi
stesi in coma sullo skyline. In attesa, dopo lo stop,
nella luce di giugno le vedi le teste
sommerse nelle cuffiette
dal diluvio di music:
vanno verso uno spiazzo di vetro, sospesi
i cuori dei ragazzi – gli occhi allo schermo
– finché un avviso li accende.
Se sconfini, però, con lo sguardo, a un’altra altezza
vedi l’erba che rompe l’asfalto, la lucertola,
la scarpa rimasta dal giorno dell’incidente.
 
Gian Mario Villalta
 
 
 
 
 
 
Mentre da Roma cercavo sul Corriere
Le notizie sul contagio a Gallarate,
L’occhio mi è caduto sul servizio
Con le foto da Marte. Trentaquattro istantanee
Inviate da Curiosity, il rover della Nasa
Che da otto anni vaga sul pianeta.
Il Sole da Marte in un tramonto blu,
Mount Sharp e il cratere di Gale,
I sedimenti d’un antico fiume
Rocce meteoriti e dune
E poi ad un tratto quel pallino chiaro
The Earth
La Terra vista dal cortile del vicino
Con le fidejussioni i rogiti i contratti
Le zone rosse ed arancioni
Le bare bianche senza estreme unzioni.
 
Franco Buffoni
 
 
 
 
 
 
Nuova Teoria del caos
 

In matematica e in fisica, il cosiddetto “effetto farfalla”, causato dal semplice battito delle sue ali, esprime l’idea che minime variazioni nelle condizioni iniziale producano massime variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema.

1 signore si mangia 1 farfalla in Cina
e non possiamo più andarcene al cinema,
andare a correre
e a lavorare,
andare a discorrere
oppure a ballare,
andare in pizzeria,
magari in bici,
starsene in compagnia,
abbracciare gli amici.
 
Valerio Magrelli
 
 
 
 
 
 
Chiudersi in casa
 
Chiudersi in casa, come una parola
costretta a stare dentro la sua strofa
senza abbrutirsi. Anima mia, mia scrofa,
non trasformare in fango la tua aiuola.
 
Confronto la finestra del computer
col cielo incarcerato dietro il vetro.
Il tempo perso fa un conteggio tetro
delle mie primavere non godute.
 
Cazzeggio in rete, fisso lo spavento.
La pandemia toglie dal mondo un velo:
la specie umana brama il fallimento.
 
Una rondine vola a bruciapelo
qui fuori. “Il mondo è tuo!” grido contento.
Passo il vetril per lucidarle il cielo.
 
Tiziano Scarpa