Esiste una frequente leggenda cittadina che vuole lo scrittore confinato a tempo in uno spazio dato per realizzare opere compiute. Quello scialbo proponimento scolastico che per mettere insieme parole e poi frasi sia necessario isolarsi da ogni contingenza. Niente di così inesatto. Fino dalle prime pagine di Ultima vela, Francesco Belluomini ci prende per mano e noi lo seguiamo nel suo lungo viaggio esistenziale fatto tanto di scrittura quanto di circostanze e svolgimenti. Il canzoniere di tutta una vita, tracciato imperscrutabile di un cantastorie e giramondo. Proprio qui si individua la bellezza di fondo di questa raccolta uscita postuma, vale a dire una scrittura urgente e necessaria che senza compromesso alcuno segue le volute degli anni. La biografia di Belluomini uomo e poeta è tutta contenuta in queste poesie nei più dettagliati risvolti. Attraverso molta parte del secolo scorso le andate e i ritorni di lui (nomade per vocazione o per necessità) si intrecciano con politica, letteratura, incontri, frequentazioni. È un canovaccio autentico in cui si sente come una voce che ne fa dettato, quella da lui definita “gestazione” in imprevisti luoghi di scrittura. Ci viene fatto il racconto dei tanti mestieri svolti, da venditore sulla spiaggia a cuoco poi guardiano notturno e infine da mozzo a sottoufficiale. Belluomini è stato soprattutto un marinaio, dalla sua Versilia al resto del mondo, ma nell’alternanza ad altri impieghi con quella scrittura sempre presente e necessaria. Ogni lirica della sua storia non è un corpo a sé quanto si lega indissolubilmente alla precedente e alla seguente, in una sorta di romanzo in versi che è testimonianza e testamento spirituale. La bellezza del suo scrivere sta tutta in una struttura, strofica come metrica, che è enunciazione semplice e diretta di avvenimenti o riflessioni. Niente di queste forme suona spoglio o affettato perché ricco di decantazioni dalle letture altrui, siano classici o romanzi di genere.
Elisabetta Beneforti
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