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Fa cinema della vita, fa cinèma, movimento di figure, di attimi, di frasi. Fa cinèma di cellule e agglomerati di esse, bave, umori e bui. Fa cinèma delle vicende violente d’orse o ragazze o di viaggi di famiglia sua per spingere, se si potesse dire, questa massa confusa e pur abitata da reti, rimandi, ritorni (reali, immaginati?). Sì per spingere tutto questo visibile e invisibile (ma percepibile nella doppia membrana della cellula eucariotesca lingua/poesia) verso dove? Spingere per pulsione linguistica, per patimento disperato d’orfanità, per tensione linguistica ed erotica, ma verso dove, dove?
Il più plurilinguista e pur petrarchesco dei poeti di prima virile mezz’età, ex giovane insomma che non s’è perduto in ghirigori letterari o pugnette ideologiche, insomma il Nibali, dove deve spingere e con forza cellulare e metodo cinematografico, tutta questa materia vivente e morente? Petrarca dove spinse il suo finissimo dire, il suo inseguimento di Laura, la sua pulitissima lingua, pulita almeno quanto quella – per medesima furia – di Nibali vuol essere sporca e umorale di vita e immagini di cinèma? Alla letteratura come luogo dell’oblio del male, alla poesia come lettera d’oro che ferma il tempo? Una linguistica e poetica terapia contro il tempo e il male? In Nibali non troviamo lettera d’oro (e chi se lo può permettere tra i poeti odiernissimi l’oro?) ma qualcosa di petrarchesco sì. Ovvero un Petrarca che offre di fermare il vivente in lettera fatta di storia di vicoli di sesso brutto di mozziconi di dialetto di storia di album di famiglia, insomma lettera fatta di tutto il suo nascosto oro. Insomma Nibali, capronianamente, ci fa andare nella miniera per trovarlo l’oro. Una miniera di frazioni di storie, vicende vere, agglutinamenti di immaginario da video musicali, vicende personali che incrociano micro e macro storia (mirabile la sezione sulla gita a Chernobyl a cui pure Maurizio Cucchi – ma son lontane le due mani e le due motivazioni – ha dedicato un manipolo di poesie). E se nella miniera si rischia di perdersi, stordirsi, ci sono nel libro testi-appiglio, lampi, forse grida sperdute da altre gallerie, fiaccole che tengono la mira nel cammino, nello sprofondo. Per cercare l’oro che serve per spingere poi tutto il vivente, e fermarlo là dove, dove?
Davide Rondoni
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