La Redazione di Laboratori Poesia, come ogni anno, lancia uno speciale dedicato al Premio San Vito. Tre uscite incentrate su Tu io e Montale a cena di Gabriella Sica (Interno Poesia, 2019), De te dedica narratur di Carlo Villa (Società Editrice Fiorentina, 2018) e Fadìa/Fatica di Silvio Ornella (Samuele Editore, 2019). Nello specifico la redazione si occuperà del Premio Speciale ex aequo (Gabriella Sica e Carlo Villa) e del Premio al Miglior libro in Lingua Friulana (Silvio Ornella).
A completamento dello speciale i finalisti (Il Condominio S.I.M. di Alessandro Canzian, Stampa 2009, 2020 – Non finirò di scrivere sul mare di Giuseppe Conte, Mondadori, 2019 – Figύa de pòrvoa/Figure di polvere di Amilcare Mario Grassi, Manni, 2019) saranno ospitati da un prestigioso sito amico.
La Redazione
Fadìa – Fatica, Silvio Ornella (Samuele Editore 2019)
Sin dal titolo, asciutto ma eloquente, della propria silloge, Silvio Ornella propone al lettore una precisa visione esperienziale e umana: quella del quotidiano, concreto sacrificio volto alla realizzazione di obiettivi solidi, testimonianza di un impegno costante, perdurante e ostinato nel confrontarsi e sostenere l’esistenza con tutte le sue brucianti contraddizioni e difficoltà; ciò che ne emerge, in primo luogo, è il ritratto di un’umanità semplice, dignitosa e risoluta, che assai opportunamente il prefatore pone in antitesi alla modernità dell’apparenza e del consumo sfrenato, in quanto esempio di un esistere sostanziale e incentrato su obiettivi concreti, solidi, duraturi, perseguiti con lenta ma inesorabile responsabilità quotidiana; in secondo luogo, viene restituito il ritratto di esistenze incentrate su valori coerenti, stabili, precisamente orientate, in opposizione alle innumerevoli sovrastrutture della caduta di referenti etici, culturali, relazionali, o alla loro degenerazione allo stato liquido per questioni di utilità, opportunità, smarrimento, noia, che contraddistinguono il nostro tempo e la nostra società.
Tutto questo sottintende e comporta, necessariamente, uno sforzo – fisico, psicologico, di resilienza – da cui il titolo: e la fatica è comune denominatore di ogni componimento di quest’opera in versi, e in ciascuno di essi è possibile trovare almeno un verso o un sintagma dove tale sforzo è nettamente percepibile.
Dal testo introduttivo (“si piange / solo quando non si è più”), in cui è riconoscibile la resilienza che non si abbandona all’autocommiserazione, a “Cusì” (Cucire), in cui l’attività di riparazione costante alle sofferenze della vita si estende dai dettagli del quotidiano (“Cucire le toppe / sui pantaloni dei giorni”) a quelli che coinvolgono tutta un’esistenza (“Cucire il fiato / per arrivare in fondo alla strada … Cucire il nulla / con le rime”); dalla sofferenza sentimentale (“Gli fa male la carne la notte / a pensarti”) a quella di chi fa i conti con il proprio passato in un letto d’ospedale in Fadìa; dai ritratti di Enzo (“le tue fatiche / sono frantumi di una vetrata / al tramonto”), della vicina (“un dolore di pietra / che si crepa”), ai testi dedicati a Ugo Tonizzo e Silvano Menegon, che uniscono il particolare all’universale della realtà umana, per chi, come l’autore, è “un uomo solo che guarda / che accarezza con gli occhi / aspettando / che lo chiamino a cena” dopo gli sforzi del duro lavoro e dell’impegno quotidiano; dai testi dedicati alla natura, al rapporto sereno e di integrazione con essa (“Nel bosco rosso” e “Il pioppo nero”) alla lirica conclusiva, “L’uomo delle macerie”, in cui Ornella si chiede “Cosa resterà di noi … una sagoma sul muro / una parola graffiata nel cemento?”.
In questi versi finali, con un’immagine efficace, l’interlocutore diventa “l’uomo che fruga ancora / in mezzo alle macerie / le mani scorticate / la polvere sul volto / il pianto della ruggine nel cuore. / E lì raccogli / quei pezzi del mondo perduto / del mondo offeso / per ammucchiarli nella catasta / della tua casa. / E loro parlano”: è questa una sintesi perfetta dell’azione svolta nel libro di Ornella, di recupero e riparazione, da un lato, di tutto un impianto valoriale di un uomo consapevole del proprio ruolo, del proprio dovere, e dell’importanza di un obiettivo raggiunto con fatica e sacrificio; contestualmente, e qui ci si ricollega anche alla scelta di una poesia dialettale, vi è una precisa operazione identitaria e culturale di ripristino del rapporto con il territorio e la tradizione, trasfigurato nelle immagini topiche dei soggetti emblematici dei testi, simboli dei valori di cui il libro si fa portatore.
Una raccolta che rifugge gli orpelli estetici e le sovrastrutture ad effetto, dunque, per prediligere la concretezza e la postura di altissima dignità delle storie di cui si fa testimone, restituendole a un canto semplice, ma non facile – faticoso, ma autentico.
Mario Famularo