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Libro di liriche di grande profondità e spessore Giornale di un poeta di Daniela Frignani (Samuele Editore, 2022, pp. 146), con prefazione di Roberto Pazzi.
L’intensità del sentire si sposa con la capacità meditativa; è viva e costante la necessità di andare oltre le apparenze, le vicissitudini che scorrono come scorre il fiume di Eraclito. Ma un fiume poggia su un letto, simbolo di ciò che non passa, ed è a questa perennità, eternità che l’autrice approda, con un percorso difficile, solitario come accade ai mistici di ogni tempo.
Il sottotitolo del libro, “Ephemera”, le cose effimere, va di pari passo con il “Giornale” del titolo, in cui in genere la cronaca passeggera nasconde il senso dei fatti, o li travisa, non comprende il loro peso complessivo nella storia. Ma non è il caso della poetessa. Se la cronaca fosse tutto, saremmo davvero soltanto fuscelli fragili destinati a perire. Ma l’eterno è presente nel libro, rivelato da e attraverso un amore inestinguibile che va alle radici dell’essere, partendo dalla passione:
“È il mio peccato, dicono / amarti troppo / affogare nelle tue malìe / bruciare nel tuo fuoco / ogni frammento di pensiero.”
È la sacra mania platonica di Eros, per andare oltre il pensiero, nel regno dell’intuizione, oltre la limitatezza sensoriale. Nella poesia successiva Frignani canta:
“raggiungerti e perderti / perderti sempre / la presenza e l’assenza / vaghe tracce di storia / infine l’essenza.”
Cosa sia l’essenza non è dicibile ma è sperimentabile nell’ascolto della propria anima. Parmenide la definisce con una tautologia: “L’essere è”. Come il Dio di Mosè: “Io sono colui che sono, che sarà”.
Graziella Atzori
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