Gruppo Majakovskij: un comune progetto poetico – di Nelvia Di Monte

majakovskijcopertina_(1024_x_768)

 
Gruppo Majakovskij: un comune progetto poetico
 
 
da poetidelparco.it
 
 
 
 

Fondato da Giacomo Vit nel 1993, il Gruppo Majakovskij ha saputo consolidare negli anni un progetto di poesia “agìta e portata in mezzo alla gente, poesia-azione, action poetry, poesia militante” vissuta col pubblico e in dialogo con musica, teatro, arti visive. Senza dimenticare le numerose pubblicazioni, a testimonianza di spettacoli e letture realizzate dai sette poeti del gruppo che, fedeli al nome del grande futurista russo, puntano sull’oralità della poesia in un rapporto diretto con le persone e sul valore etico ed educativo della parola. La vocazione pedagogica è testimoniata dall’attività confluita nel libretto I diritti dei bambini nella voce della poesia, dai testi sui diritti negati all’infanzia presenti in altre raccolte e, in questo volume collettaneo, da alcune struggenti poesie di Silvio Ornella, sui bambini che giocano in un paese della ex Jugoslavia devastata dalla guerra (e “Coma passarutis a bechin li frigúis/ che ’l mont ghi lassa – Come passerotti beccano le briciole/ che il mondo gli lascia”), e di Renato Pauletto, con le parole rivolte alla madre da Aynal, annegato nella traversata del Mediterraneo: “mi faccio cullare dalle onde come/ fossero le tue dolci braccia”. La tensione comunicativa e l’attenzione etica verso l’altro – in particolare verso chi è emarginato o in difficoltà – si esplicitano attraverso i temi toccati, che posizionano l’individuo in seno alla società e alla storia, delineandone potenzialità e limiti, speranze e sofferenze, come mostrano i titoli delle sei sezioni: Il dolore della vita, Omaggio a Majakovskij. Essere nel mondo, Banalità della guerra, I luoghi della poesia, Muri, L’utopia. Il futuro desiderato.

A ragione Giuseppe Zoppelli nell’introduzione non si sofferma sui singoli autori, ma approfondisce come il comune progetto si sia ampliato negli anni legandosi al territorio pordenonese, attraverso le attività svolte e l’uso di dialetti di località periferiche, tra Friuli e Veneto, che affiancano l’italiano, in una costante riflessione sulla funzione della lingua e della poesia. Si sottolinea la particolarità di questo Gruppo, i cui poeti non perseguono una linea uniformante, mantenendo la propria individualità e un’autonomia espressiva ben marcata e riconoscibile, di cui si può dare qui solo un breve cenno: il rapporto intimo e meditato con il paesaggio in Rita Gusso, che scrive in dialetto e in lingua (“il destino aspetta il miserere,// un nuovo giro d’ali,/ un’acqua liscia che compia/ il sogno, le geometrie ideali.”); il ricordo come riflessione sul presente in Francesco Indrigo, che nel dialetto di San Vito al Tagliamento ha scritto anche la bellissima poesia da cui è tratto il titolo dell’antologia (“Metti da parte queste parole/ per le giornate di vento, per le giornate/ di tormento”); la quotidianità dove è sempre in agguato il vuoto e il venir meno del significato dei gesti, e allora, per Manuele Morassut, la parola esorta ad agire, “Restare, annusare, riempire, vedere./ Angolo dove lanciare la palla per salvarsi”; lo sguardo nitido di un’immedesimazione nell’altro che sconnette la realtà data, svelandone la dolorosa essenza, nei testi – in italiano e in dialetto – di Daniela Turchetto: “Ho fatto la finestra luna/ i muri mare, il tetto cielo/ e gli occhi di chi mi guarda nuvole/ più stanche delle mie/ amare come il miele”.

di Nelvia Di Monte

 
 
Continua qui
 
 
Il libro qui