UN ANNO DI
SAMUELE EDITORE
Un anno fra i migliori per la Samuele Editore. Dal riconoscimento e consolidamento globale della rivista Laboratori critici con la nascita della Serie Speciale, alla pubblicazione delle versioni pascoliane di Seamus Heaney con l’enorme eco nazionale che si è meritato, alla continuazione della Collana Callisto fino alla chiusura, con alcuni titoli eccezionali, della Collana Scilla. E su tutto i festeggiamenti per i 15 anni di attività della Casa.
Per raccontare quindi i dodici mesi trascorsi partiamo dai libri pubblicati, che quest’anno si dividono in:
- 9 collana Scilla
- 5 collana Callisto
- 1 collana Leda
- 3 collana Gialla
- 3 collana Gialla Oro
- 1 fuori collana
- 1 narrativa
- 2 numeri della rivista
- 2 numeri Serie Speciale della rivista
Anche quest’anno Il 2022 ha inoltre confermato il desiderio degli autori di tornare a pubblicare con la Casa Editrice. Contando infatti i due percorsi tradizionali (Collana Scilla e Collana Callisto), su 14 libri pubblicati 7 sono di autori che già avevano fatto uscire con noi volumi (e alcuni più volumi). Mantenendo la percentuale del 2022 del 50% di autori di ritorno.
Purtroppo il 2023 è stato anche l’anno della scomparsa di Filippo Passeo, autore più volte pubblicato dalla Samuele Editore e omaggiato con un ricordo alla Festa per i 15 anni a BookCity Milano 2023.
Nel dettaglio, partendo dalla Collana Scilla:
Sófia gnò di Amilcare Mario Grassi
Amilcare Mario Grassi appartiene ad una generazione che ha creduto molto nella poesia, in un territorio che ha preso il nome di Golfo dei Poeti in seguito alla permanenza di Shelley e Byron e ha poi dato più solido fondamento alla nominazione con i soggiorni di molti, tra cui fondamentale Attilio Bertolucci, e i natali di Giovanni Giudici e Paolo Bertolani. Appunto Bertolani è il principale riferimento di Grassi, non solo perché il dialetto della Serra di Lerici non è molto diverso da quello di Castelnuovo Magra, ma soprattutto in quanto ambedue cercano di sfuggire alla solitudine del poeta attraverso un vero e proprio mantra della socialità. Scriveva Bertolani: Siài mèi sentìve die che ‘n compagnia / l’è sempre a méa / l’urtima bréta a ‘ndàe via (per d’i amìghi en libi, in ‘E gose, l’aia, Guanda 1988) Grassi ancor più non si rassegna ad un seppur splendido isolamento.
Tutte le sue poesie parlano di rapporti umani e di sé solo in relazione agli altri. Il tema dei ricordi non è autoconsolazione o nostalgia ma costruzione, articolata con modi quasi narrativi, di una memoria che deve essere collettiva, assumere una dimensione storica e, perché no, politica. Gli eroi, gli amici, i familiari – e anche il suo cane! – formano una folla e un coro che trasmettono un messaggio di solidarietà e d’amore, una visione di società impossibile in armonia con se stessa e con la natura. In un presente che deraglia su tutti i piani, i punti fermi restano la terra e gli affetti, da difendere e conservare. La Madre, simbolica figura di continuità ma anche persona reale, col suo carattere e i suoi dolori, non può non essere al cuore di questo mondo a rischio di scomparsa.
Enrico Formica
La poesia dei giorni di Filippo Passeo
Una controllata normalità espressiva, una pacata medietà di toni per date voce a un’inquietudine circolante, a volte sottilmente pervasiva: questo l’esito possibile, per un lettore, di un primo approccio alla poesia di Filippo Passeo, in questo sua nuova raccolta, La poesia dei giorni. Raccolta, ma in effetti soprattutto percorso unitario e in sé coerente, da vero e proprio libro, con venature e sani contrasti interni che ne definiscono la fisionomia.
Passeo si muove con sensibilità attenta ai vari risvolti del vivere e del vissuto, non senza momenti in cui preferisce abbandonarsi al “sopore di un’esistenza”. Un sopore, peraltro, molto provvisorio, in quanto l’autore si vede costantemente coinvolto nella realtà concreta, e dunque nella quotidianità molteplice delle cose, che spesso si manifestano in offerte di limpido cielo, in contrasto con il loro frequente squallore, conducendo il soggetto nei vari “tunnel per dubbi e inerzie”.
Passeo ci offre il documento in versi di un’anima. E non ha infatti remore nell’utilizzo di questa parola, “anima”, appunto, tanto abusata nel linguaggio lirico e quindi sempre a rischio di in logorio che può renderla troppo generica o convenzionale. Ma non se ne può negare l’autenticità utile nel fraseggio del nostro.
Maurizio Cucchi
Ribilanciare per sottrazione di Elisa Longo
È un io lirico che cerca una definizione quello che si affaccia nei versi di Elisa Longo, una voce che si “sbottona parola per parola” nella grana dei testi, partendo dal ricordo lontano e preverbale del pane cotto in forno dalla nonna, l’idea di ritmo già presente nell’immagine della processione sull’asse di legno delle forme cotte, “il segno della croce sulla crosta” come un sigillo di sacralità impressa, ma anche il marchio di un dolore (“uno squarcio”) che percorre tutta la breve ma intensa ed affilata silloge dell’autrice.
Una sottile vena di crudeltà, riflesso di quella che macchia indelebilmente la vita, e presente in primis nei rapporti umani, permea questi versi, spesso evocata nelle chiusure perentorie e apodittiche delle poesie: “Per una volta staccami la testa.”; “esercitavi la tua libertà nel far morire di sete la menta.”; “le ossessioni sono insetti/ accartocciati dentro i rospi”. Dietro queste parole poetiche una personalità “intrappolata a spicchi”, “dislocata”, che si rifrange e riverbera non cercando un’unità primigenia perduta (“mentre cerco di scampare/una me assente/non significa per niente”) ma spostandosi a lato del quadro dell’esistere, come significativamente fa intendere il titolo: Ribilanciare per sottrazione.
Giovanna Rosadini
Qui sottovento – Haiku di Luigi oldani
Quando si leggono gli haiku di questa nuova raccolta di Oldani, paradossalmente il primo posto in cui si viene proiettati è il silenzio. Già dalle prime poesie, la notte e le stelle invitano alla quiete interiore e con la loro luce esortano a una purificazione dello spirito. E quasi immediatamente le parole del poeta e questa quiete ci suggeriscono quale dovrebbe essere una reale visione dell’universo, fatta di contemporaneità del molteplice e del singolo, della loro coesistenza, e ci invitano ad abbandonare – come prescrive il buddhismo – il pensiero duale: in una stella è contenuto il firmamento e la notte più importante; il gelo della sera convive con la luce e il piccolo calore della fiamma di una candela; negli occhi di un singolo animale affonda nientemeno che la luna. Gli haiku di Oldani, proprio come fanno i migliori haiku giapponesi, ci suggeriscono che la simultanea presenza di due opposti nella realtà può non essere conflitto ma armonia ed equilibrio: “il firmamento/la notte delle notti/ in una stella”. Il poeta stesso sembra volersi riassorbire nella materia, quando accosta la propria guancia alla pietra: ‘pietra serena/sulla mia guancia’, dice, e noi vediamo che ciò che è duro ed impenetrabile in realtà ha una possibilità di accogliere quello che è morbido e cedevole.
[…]
In ultimo, un altro elemento della poesia di Oldani che mi pare fondamentale sottolineare: la cura del suono. Il ritmo costituisce un’altra prerogativa di questa raccolta: le allitterazioni si inseguono nello spazio brevissimo delle diciassette sillabe (“all’imbrunire / leggo vecchie lettere / luna in ombra”) ed il tessuto di suoni crea e rinforza l’immagine di paesaggi fantastici (“calma le chiome / questa nebbia che cola/bosco di sera…”) o colorati (“un prato vivo / …al vento/la primavera”) dove “osano prime / punte di germogli”. Il mondo magico che Oldani pazientemente pezzo a pezzo ci dipinge si accompagna alla musica ipnotica dei versi.
Un mondo pieno di piccola meraviglia, dunque, pieno di malia: è questo che, prima di tutto, Luigi Oldani mi sembra ci restituisca in questa raccolta. E non si può che essergli grati per averci consegnato, in tempi tanto travagliati e angosciosi, un angolo di paesaggio quieto di neve e nebbia, pieno di colori e di sole, colmo di fascino, di riposo, di respiro.
dalla prefazione di Cristina Banella
Poesie del tempo ordinario di Luigi Aliprandi
Motore primo del libro è la potenza inusitata dei corpi in scena e in azione, fra memoria del sangue e rito sessuale, transfert onirico e amore declinato in tutte le sue possibili forme, motto di spirito elegantemente formulato e passione epigrammatica, “senza fondale di certezze”. Una poesia perfettamente orchestrata sul piano ritmico-prosodico (dove ogni verso è davvero un verso) diviene così il perfetto metronomo della pluralità di pulsioni e di malinconie che costituiscono oggi la tessitura degli esseri umani dotati ancora di sensibilità e di vitalità, quali sono i soggetti che agiscono sensibilmente dentro queste poesie di un tempo davvero “ordinario”. Tale infatti lo rende una poesia che sa trasmetterci – grazie al lavoro di cesello verbale compiuto da Luigi Aliprandi – la sua profonda sostanza dialogica: in una parola, la sua capacità di coinvolgerci in un’esperienza di comunità e di condivisione, intellettuale non meno che affettiva.
dalla prefazione di Alberto Bertoni
Phylum di Kristina Janušaitė-Valleri
“Nella lingua sempre siamo a casa”. Inizia così la raccolta di poesie della poetessa lituana Kristina Janušaité-Valleri, quasi fosse un manifesto che ci porta dentro un viaggio, intimo e trasformativo, che parte dal “logos” della madrelingua per arrivare ad un luogo “altro”, alle Fondamenta Veneziane, alla lingua d’adozione, d’arrivo. è un viaggio vissuto, pensato e contemplato, declinato in tre tempi diversi, ma inscindibili tra di loro, i cui titoli, volutamente carichi di simbologia e significato, emanano luce su alcuni aspetti chiave di ciascun passaggio: Exodos, Transitus e Civitas-phylum. Un viaggio che parte dalla culla della lingua baltica e giunge alle rive dell’alto Adriatico, al luogo dove il Mediterraneo termina. Due mari, due culture, un unico incontro. Un’esperienza intima che si apre agli altri assumendo significati universali e condivisi.
L’autrice si interroga sul tema dell’appartenenza, su quello che ci forma, trasforma, sulla potenza dei simboli ereditati, sul potere trasformativo della lingua, del “logos” che è sia punto di partenza, che d’arrivo, ma soprattutto veicolo indispensabile per conoscersi e per conoscere, luogo dove il pensiero nasce, cresce e si sviluppa e che porta verso qualcosa di nuovo, non necessariamente estraneo. Il lettore segue questo movimento, lo assiste, ma nello stesso tempo a sua volta si interroga.
Quali sono i confini identitari che ci legano ad un luogo prestabilito, al perpetuare delle tradizioni ereditate dai nostri progenitori, qual è il confine primo da superare poiché “io” diventi realmente “Io” autentico, unico e come tale prezioso? Il superamento non prescinde dal moto e il moto inizialmente parte da dentro. Lo sguardo che va oltre, l’udito e la bocca che si nutrono di esperienze diverse, a volte distanti da dove siamo partiti. Ecco, quindi, il senso della “sakura del fiume Neris” che precede l’allungarsi di quel movimento iniziale.
dalla prefazione di Marijana Mare Šutić
Presence-Presenza di Patrick Williamson
La poesia di Patrick Williamson è come attraversata da una trama sottilissima di echi e riverberi. È una poesia costruita di dettagli, di una successione di elementi minimi raccolti insieme da una forza articolatoria sapiente. La sua scrittura si avvicina a tal punto al reale che pesa tutto in microgrammi. Eppure si tiene ben lontana sia da una sfacciata retorica della realtà sia dalla riva opposta: non le appartiene per nulla l’atmosfera eufuistica e calligrafica di chi magari si accontenterebbe di un sottile accordo fra significanti e significati. Williamson cerca altrove: la sua scrittura abita il bordo delle esperienze più feriali e si lascia lambire dal linguaggio con radicalità, soltanto nel barlume delle cose che appaiono e sanno tramontare.
‘Nella più piccola frazione del possibile’: così recita un suo verso che sembra dichiarare un’articolazione della scrittura che travalica la singola poesia per diventare una sorta di manifesto di poetica. È come se la poesia per Williamson portasse con sé la traccia nascosta di una formula che ogni testo tenta di innescare nella mente del lettore: una formula che permetta di raggiungere un’attenzione estrema, una concentrazione così minuziosa nei confronti di ciò che affiora nell’apparire dei sensi, che anche la più ‘piccola frazione del possibile’ acquista la dimensione infinita e gigantesca dei grandi eventi monumentali della vita.
La sua poesia sembra allora scritta su di una carta millimetrata in cui gli eventi minimi si dispongono architettonicamente nella luce precisa dei distici, vera e propria misura lenticolare che permette l’ingrandimento dello sguardo: Williamson si avvicina, di coppia in coppia di versi, alla pelle porosa del reale. E qui, in questa così ravvicinata prossimità, lo spalancarsi di una porta ‘alla / campagna intricata di luce’ è un fatto che non ha minore dignità della nascita o della morte di un essere umano.
dalla prefazione di Tommaso Di Dio
Ten tal cour li’ stradis blancjis del Gruppo Majakovskij
Ten tal cour li’ stradis blancjis, «tieni nel cuore le strade bianche», è il verso di Silvio Ornella che dà il titolo alla raccolta dedicata dal Gruppo Majakovskij ai diritti delle bambine e dei bambini. La poesia dalla quale è tratto il verso porta il nome Viaticu, “Viatico”, e tutta la raccolta è attraversata dall’idea della strada percorsa e da percorrere, delle corse, dei giochi, dei sogni, così come delle fughe e dei ritorni, dei “canti lungo la fuga” e delle provviste per il viaggio, anche in termini ideali, di nutrimento dello spirito, come voce della poesia lungo il tragitto. I poeti del Gruppo Majakovskij – Francesco Indrigo, Manuele Morassut, Silvio Ornella, Daniela Turchetto e Giacomo Vit – hanno scelto di donare la voce della poesia ai Diritti dell’Infanzia, sanciti nella Convenzione approvata il 20 novembre 1989 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e accolti dallo Stato italiano, che il 27 maggio 1991 ha ratificato la Convenzione.
Ciascuna delle otto sezioni della raccolta, che affianca poesie in lingua friulana a poesie in lingua italiana, si apre con la menzione di un articolo della Convenzione, formulato nella versione “in parole semplici”.
Sono scelte di campo significative, sia quella relativa alla forma della citazione, sia quella concernente l’argomento, un tema tanto urgente quanto a rischio di oblio ai nostri giorni, che perdurano oramai da anni e che assistono al prevalere dell’allarme permanente, dell’emergenza continua. La voce della poesia del Gruppo Majakovskij intende riportare l’infanzia e i suoi diritti al cuore dell’attenzione e, allo stesso tempo, si propone di rivolgersi a un pubblico molto ampio, che comprenda bambine e bambini. Così come ricorrono di frequente le immagini della corsa, delle scarpette, dei passi, hanno una rilevante incidenza, infatti, le esortazioni, le forme dell’imperativo rivolte ai più giovani tra gli ideali interlocutori.
Daniela Turchetto evoca e invita la parola dei bambini all’interrogazione animata, scottante e chiara come le stelle che, nel buio, sconfiggono il buio: «Fa de fouc e to paroe / E tegni bon e to domande putee / Fa coma e stee / Che taa nuot / E vince a nuot» («Fa’ di fuoco le tue parole / e tieni care le tue domande bambine / fa come le stelle / che nella notte / vincono la notte»). È significativo che questi versi di Daniela Turchetto siano collocati nella sezione che si apre con l’articolo 30 dei Diritti dell’Infanzia: «Se appartieni a una minoranza hai il diritto di mantenere la tua cultura, professare la tua religione e parlare la tua lingua».
Dalla prefazione di Anna Maria Curci
L’ora del mondo del Marco Amore
Quando diciamo poesia, economia non è la prima parola che ci viene in mente. Non accostiamo i poeti a profitto, dichiarazione dei redditi, minibond, ISEE. Forse per un istinto naturale di protezione, li vogliamo tenere lontani dalla ‘scienza triste’, per non intristirli. Poi leggiamo questo libro e ci accorgiamo che ci siamo sbagliati, che abbiamo fatto male a considerare la vita economica come aliena alla poesia. Abbiamo sbagliato perché non avevamo capito che l’economia non era altro che la vita, e quindi degna di poesia come lo è tutta la vita.
L’economia si è allontanata dal territorio dell’umano buono. L’oikos per diventare nomos ha perso il kalos. Lo abbiamo perso anche perché i poeti non hanno visto l’economia, non ce l’hanno raccontata. L’hanno guardata come faccenda aliena alla poesia. E senza i poeti si è abbruttita, è entrata in zone per soli addetti ai lavori, è uscita dal campo visivo degli artisti e lì ha perso contatto con le dimensioni fondamentali dell’esistenza. Perché finché un poeta vede, guarda, canta qualcosa – l’amore, il dolore, una figlia – la sta riscattando dal suo destino mortale. La eterizza con i suoi occhi maieutici, e dice a quel brano di realtà: “Lazzaro: vieni fuori”. Il primo nemico di tanatos è il logos, in particolare il logos poetico, che ha la capacità di risorgere la vita.
Ecco perché il poeta è l’essere più vicino a Dio – perché crea la realtà dicendola, perché risorge ed eternizza –, e quindi è il primo lottatore con Dio, perché ne è alleato e rivale. Ogni poesia è cooperazione e concorrenza con lo Spirito divino: nasce da una ispirazione di cui il poeta non è il padrone, ma vorrebbe esserlo, cerca di esserlo fino alla fine, fino all’ultimo verso che scriverà per l’angelo della morte. L’essenziale castità del poeta sta nella sua capacità di non appropriarsi della voce che lo ispira, di ospitarla senza farla diventare proprietà privata – e quando lo fa, scappa via, ma può tornare.
Il triste giorno in cui i poeti hanno lasciato l’economia – quando è successo? nel primo giorno della rivoluzione industriale? o quando fu inventato il primo edge fund? o, tanto tempo fa, quando un uomo fu venduto per un paio di sandali (Amos)? – l’economia si è progressivamente disumanizzata, è diventata sola techné. Giorno dopo giorno si è accontentata del know-how e ha perso il know-why, ha dimenticato lo ‘hau’ (spirito) che abita le cose e le protegge dalla nostra manipolazione totale, uno hau che solo i poeti, i soli veggenti sopravvissuti nel crepuscolo degli dèi, riescono ancora a scorgere o di cui, almeno, riescono a udire i gemiti. Ma se non ce lo dicono, lo spirito ci resta inaccessibile.
Le poesie di Marco Amore sono anche un canto per quel brano di vita che si chiama economia. Ed è un canto d’amore (‘nomen omen’) anche quando ne denuncia la tristezza e la monotonia, perché l’amore del poeta sta nei suoi occhi: ama le persone e le cose nel guardarle, nel vederle: ‘e guardatolo, lo amò’. Manzoni non ama la monaca di Monza perché dona un lieto fine alla sua triste storia, la ama perché, semplicemente, la vede, così la risorge. Hugo non ama Fantine perché le crea una storia di redenzione: no, la ama perché la vede dentro la sua sventura senza redenzione – la sua redenzione è lo sguardo del poeta.
dalla prefazione di Luigino Bruni
Per quanto riguarda la Collana Callisto:
Diktionarium di Giorgia La Placa
La lingua che parliamo, insieme alle tecnologie, attraversa innovazioni repentine. Le tecnologie invecchiano alla svelta e vengono sostituite. Paradossalmente, così come un modello di telefono ha una vita di circa due anni, anche molte parole entrano in uso, circolano e vengono dismesse – basti pensare ai linguaggi dei Millennials e della Generazione Z… Chi ha a che fare con la letteratura, forse, fatica a stare al passo con tutto questo? Un testo letterario ha una durata maggiore rispetto a un dispositivo elettronico, a un’immagine, ma anche alle parole della comunicazione di tutti i giorni. Potremmo, allora, pensare a una vignetta dove i poeti, come cacciatori di farfalle, cercano di agguantare parole sempre nuove, che hanno una vita breve. Una poesia scritta da un tempo cronologicamente ridotto, va incontro linguisticamente ad un invecchiamento precoce? Il bacino del letterario si gonfia come una diga in cui i flussi delle parole nuove sopravanzano la capacità di raccogliere in forme testuali compiute. Ma, se le immagini e gli oggetti diventano presto datati, la poesia non dovrebbe cercare un argine per dare alla lingua un tempo di maturazione e una consapevolezza storica rispetto al loro uso? Credo che La Placa, con il suo Diktionarium, cerchi una risposta.
[…]
Il puzzle si scompone e i legami tra i suoni e i significati si sfaldano. Ma in questo spazio evanescente di parole fantasma non si è più soggetti all’invecchiamento verbale. Ogni parola può dar conto di una sua archeologia e di un suo potenziale senso futuro. La lingua è messa in prospettiva, sottratta alla deperibilità da uso e consumo. Per questo, nel titolo del libro, la voce dizionario riprende la sua etimologia (latina) e la grafia fonetica (k): non è un repertorio morto, ma vive e si pronuncia. Mi chiedo se l’autrice abbia riposto nel rapporto tra poesia e lingua una ipotesi di speranza. Per la poesia che è scritta oggi e per quella che sarà scritta – non solo da cacciatori di farfalle… – la “presenza espressiva”, come la chiamava Pasolini, sarà condizione vitale: una espressione linguistica immediata rispetto all’immaginario che le persone possiedono e che possono comprendere.
Dalla prefazione di Maria Borio
Il quinto tempo di Paolo Parrini
Nella poesia di Parrini sono dunque presenti gli archetipi fondamentali della storia della poesia: accanto alla memoria, alla natura, all’amore, c’è anche il tempo. Il tempo non è solo memoria ma l’incessante e drammatico scorrere dei giorni e delle ore e non è facile esorcizzarlo, magari seduto fumando davanti ad un caffè. Rimane sempre questo ostinato tentativo di ritrovarsi in armonia, una difficile armonia. E c’è sempre una nota di fiducia e di speranza anche quando le stelle non risplendono, e tutt’attorno nient’altro che i freddi bisbigli dei metalli: sì perché arriva “un mattino” particolare (“Eppure, fuori scroscia il mattino / come una sorgente”). nella memoria, come spesso avviene, c’è un tempo differente che, forse, proprio la memoria rende tale: in quella piazza dove un tempo giocavano i figli del poeta ora vi giungono solo inquieti rumori. non si guarda, però, solo al passato, si spera in un tempo futuro dove c’è una casa che attende: “Quando arriveremo a casa / sapremo che è casa nostra / dall’odore, di pane e di muschio”. C’è l’idea di un cammino verso uno spazio più giusto: lo riscoprono e lo preannunciano due ragazzi che si baciano.
Dalla prefazione di Umberto Piersanti
I chiodi dell’acqua di Marcello Strommillo
Non vi è il faccia a faccia con l’ineffabile: tutto può essere detto e va detto; l’altro (chi è dall’altra parte della pagina; ma anche della strada, del confine, del pianeta) non è un avversario ma una persona disposta all’ascolto. E va accolto lungo le vie di un’interlocuzione che, scartando ogni pronuncia che sorga dalle scaturigini del linguaggio, scorre irrefrenabilmente tra le persone viventi, tra i vivi e i non più, tra i nascituri e i postumi (Klee), tra i terragni e i superni (numerosi sono i richiami cristologici).
Solo che questa ininterrotta pronuncia, nemica d’ineffabile, si rivolge all’altro con un’affabilità disperata perché piegata sotto il peso delle figure che germinano ininterrotte e rapide si accumulano: qualcosa che somiglia a una nevrosi d’ansia del bene, a un overload d’intenzioni, a una cecità da abbagliamento, si interpone tra i dialoganti. Ed è forse il destino di buona parte della poesia che non sceglie le scorciatoie del bozzettismo, dello sfogo sentimentale, dell’indottrinamento sentenzioso e del canto fine a sé stesso.
Il libro, nel suo insieme coeso, è articolato in sette parti o capitoli, ciascuno a suo modo tematico. Flauto d’aule è un resoconto scolastico (Strommillo insegna filosofia) che si risolve in una sacralizzazione dell’adolescenza, intesa come fase dell’esistenza umana di massima incandescenza, esaltazione, pericolo: il rito relazionale docente-discente, che a lampi si colora delle tinte sanguigne del sacrificio, trova qui un duplice altare nel banco e nella cattedra.
La seconda parte, Parola mattutina, presenta parole che si animano, interloquendo con colui che le usa. Questo capitolo normalizza lo straniamento sistematizzandolo, un po’ alla maniera del Paz surrealista. Lo prendiamo alla stregua di un manualetto di micropoetica.
Segue la terza parte eponima, che si svolge tra irritazione percettiva e smania del riposo. L’andirivieni febbrile tra i luoghi di una città si fa correlativo dell’incontro tra i vivi e i morti: lungo gl’impraticabili tragitti, fatiche e figure si coagulano, e tutto si fa simbolo.
Dalla prefazione di Eugenio Lucrezi
I rami, i morti, i canti di Francesca Saladino
Poesia delle piccole cose, la realtà proposta dai versi della Saladino si innesta sulla linea dello sguardo onesto del poeta che vive e sente l’esistenza in rapporto con una natura a tratti selvaggia e distante, a tratti comprensiva e amica. Le immagini, pulite e prive di orpelli retorici, si affastellano nel discorso lirico costruendo una impalcatura sentimentale in cui il lettore si culla anche quando il dolore sembra l’assoluto protagonista di un sentire ineluttabile. Non c’è mistero dietro ciò che si vede, non esiste una metafisica celata, una risposta da svelare: l’occhio guarda e descrive, la morte arriva mentre si “mangia un gelato”, l’uomo è un animale sociale che nel dialogo metaforico costante con la fauna urbana ed extraurbana (piccioli, insetti, cani randagi, vacche) svela se stesso, si conosce negli aspetti più istintivi e violenti, nelle passioni più coinvolgenti, sfuggenti alla razionalità dietro cui si nasconde l’essere umano.
Dalla prefazione di Eleonora Rimolo
Briccole di Salvatore Risuglia
Per Jacques Lacan e in seguito per Giorgio Caproni la parola, per quanto la più precisa possibile, rimane incapace di esprimere il significato più pieno e profondo di ciò che intende nominare/descrivere: entra qui in gioco il valore del dire, segnatamente in un tempo, quello odierno, caratterizzato da quella che Calvino definiva “la peste del linguaggio”, l’antilingua smozzicata e scarnificata dei social. Dunque, come invertire la rotta, posto che ciò sia possibile? Forse prendendo a prestito gli epigrammi del vicentino Fernando Bandini posti in esergo di questa silloge il quale, scevro da ogni idea di una suprema funzione salvifica della poesia, vive quasi come un “rimorso” lo scrivere in versi ingannando i periodi di “non-speranza”. Il rimorso allora è ciò che ci viene in aiuto ogniqualvolta scriviamo-leggiamo poesia: una sensazione di errore a ritroso, di difficoltà a cogliere l’essenziale, di arduo e periglioso compito connaturato al mestiere di poeta il che comporta lo stabilirsi di un rapporto sinallagmatico tra chi legge e chi produce. Il primo “restituisce” maggiore significato e ancor più valore all’atto del secondo: così la parola, per quanto piccola “cosa insussistente senza polpa e ossi”, assurge a elemento fondamentale. come la briccola.
Salvatore Risuglia si muove tra poesia e poemetti ricorrendo a illustri “prestiti” e a un vocabolario ricco che spazia anche nel dialetto siciliano e sperimenta quanto oggetti apparentemente secondari, di cui probabilmente la maggior parte di noi ignora l’esistenza, assurgano a figure necessarie: le briccole, appunto, sono quelle strutture nautiche che indicano le vie d’acqua e in taluni casi servono anche a ormeggiare le imbarcazioni.
Dalla prefazione di Federico Migliorati
Al secondo anno di vita della Collana Leda, a cura di Marco Sonzogni e Matteo Bianchi, un grandissimo successo con la pubblicazione delle versioni pascoliane di Heaney:
On Home Ground – Come a Casa – le versioni pascoliane di Seamus Heaney
La mattina del 30 agosto 2013 inizia come ogni altra mattina: con un mug di caffè solubile, sorseggiato rovente mentre controllo la posta elettronica nel mio ufficio alla Victoria University of Wellington, in Nuova Zelanda. Tra le e-mail da inviare la più importante è quella per Seamus Heaney.
Qualche giorno prima, dalla scrivania della sua mansarda dublinese a Strand Road, mi aveva inviato le sue versioni pascoliane chiedendomi di leggerle e allertandomi a una manciata di domande in calce ai testi: pochi, piccoli dubbi che avrebbe certamente sciolto da solo rivedendo le traduzioni o in bozze. Nella sua richiesta, breve e benevola, avverto comunque urgenza – non dettata, però, da un’imminente consegna al suo editore irlandese, Peter Fallon, amico di lunga fedeltà e tra i primi a leggere “cose nuove”.
Decido allora di inviargli subito le mie impressioni – volevo corrispondere alla solerzia e alla generosità con cui, nonostante gli inesauribili impegni, rispondeva sempre alle mie e-mail e ai miei dubbi (gli ultimi relativi al “suo” Meridiano, per cui aveva voluto scrivere un’intensa Nota dell’autore, sigillando testi e tono della sua autoantologia: uno dei suoi ultimi scritti in prosa, datato 8 agosto 2013). Invio l’e-mail e poi stampo l’allegato con i miei commenti e glielo mando anche per posta. Non leggerà né l’uno né l’altro.
Quella giornata vola via veloce tra lezioni e riunioni e si chiude con la pesantezza che accompagna inevitabilmente la quotidianità lavorativa. Ma c’era altro: una sensazione che, à rebours, posso definire di congedo e che mi aveva avvolto leggendo quella che sarebbe stata l’ultima sua e-mail. Ma non ci do peso e rientrato a casa faccio una doccia – uno dei pochi momenti in cui pensieri, preoccupazioni e progetti allentano la presa su mente e corpo, pronti però a rinnovarla alla prima occasione. E infatti sento squillare il telefono due volte. Le chiamate perse sono di Concetto La Malfa, collega e amico nei mei anni irlandesi, che mi lascia anche un sms che porta la sua mattina presto dentro la mia tarda serata. Lo leggo: «Marco hai sentito? È morto Seamus Heaney».
Si è aperta così, dentro e intorno a me, una voragine che permane tuttora. Quella notte chiamate, messaggi e e-mail da un emisfero e dall’altro mi sembravano in qualche modo attutire il dolore facendo prevalere lo sgomento, consolante proprio perché condiviso.
Ma i giorni, le settimane, i mesi e gli anni (già dieci) a venire mi hanno reso sempre più consapevole del vuoto lasciato non soltanto dal mio scrittore preferito – uno dei più amati, letti e studiati del nostro tempo – ma anche da una persona che da vent’anni era parte della mia vita. La notte, si dice, porta consiglio e qualche volta porta anche conforto. L’unico pensiero che attraversa la mia mente quella notte è inviare – restituire – alla sua Famiglia e a Faber, il suo storico editore londinese, tutto quello che Seamus Heaney mi ha donato. Così faccio. E poi mi fermo. E poi si ferma tutto, anche il Meridiano, appena chiuso per uscire nel giorno del suo settancinquesimo genetliaco, 13 aprile 2014. Su tutto sembra invece calare un silenzio di smarrimento e di riflessione. Quasi subito, tuttavia, la voce di Heaney torna a farsi sentire grazie alla preziosa testimonianza di familiari e amici.
Dalla prefazione di Marco Sonzogni
Terzo anno di collaborazione della Samuele Editore con Pordenonelegge nel progetto delle collane Gialla e Gialla Oro.
Nel dettaglio:
Corpi solubili di Mario De Santis
Collana Gialla Oro
Tra dissoluzioni e discioglimenti, la poesia di Mario De Santis certifica la provvisorietà del nostro tempo, in una sequenza incalzante di triloghi tra realtà, rappresentazione e metafora. La testimonianza è la cifra – privata eppure collettiva, civile – che assume in sé con i toni di un “bilancio finale” costruito su una sequenza di figure e immagini potente per precisione d’analisi e puntualità del linguaggio. Un affresco consapevole della provenienza quanto incerto nella destinazione: sintesi perfetta di quanto ciascuno di noi si trovi ad attraversare nel presente, non sapendo se – guadando l’acqua bassa del nostro fiume personale – ritroveremo intera sull’altra riva la carne – vera e simbolica – che avevamo in origine, oppure se questa sarà stata sciolta, solubilizzata dalla Storia di tutti e dalle storie individuali. L’ultima poesia di questo libro è lasciata “non-finita”, sospesa nel verso tronco. Apre sul vuoto, baratro o forse tra segni non visibili a stampa, spazio tra parola e parola come i codici digitali che le compongono. Senza altre parole a seguire, resta aperta la scena.
Icaro grida in un cielo di creta di Martin Rueff
Collana Gialla Oro
Una lunga tradizione letteraria e pittorica si è interessata a Icaro per descrivere la sua ascesa e la sua caduta tragica; Martin Rueff si dedica a quello che succede al figlio di Dedalo dopo il suo bacio fatale con il fuoco chiaro e fresco. Icaro subacqueo? La poesia diventa strumento critico, strumento umano, di investigazione. Sul punto di annegare, Icaro si lascia andare a una visionarietà stralunata per ritornare su un passato fatto di ricordi, di versi e di speranze che risalgono in superficie sotto forma di bollicine soffici. Non si esclude che Icaro sia un figlio dei nostri tempi. Che sia nostro il suo delirio doloroso? In questo volume, alla versione italiana del poema Icare crie dans un ciel de craie che ha conosciuto varie ristampe in Francia e ha vinto vari premi, risponde un altro grido dettato da un’altra attualità, Un Icaro ucraino. Il tutto è preceduto da Corda tesa. La traduzione è dell’autore e di Francesco Deotto con l’aiuto di Guido Mazzoni.
Silenzi a più voci di Tina Volarič
Collana Gialla Oro
Silenzi a più voci, l’opera che per la prima volta fa conoscere al pubblico italiano la poetessa slovena Tina Volarič, tradotta da Michele Obit, è composta da una prima parte di testi scelti dalla sua prima raccolta Cerchi di silenzi polifonici (Krožnice večglasnih tišin, JSKd, 2014), e da una seconda di inediti (Qui cresceva un albero). In questo percorso la poesia appare il “movimento” di una “tessitrice” che cuce le cose percepite “in nuove prospettive”, così che i paesaggi dove vive (le case di un piccolo borgo, una stanza, boschi, animali) si tengono insieme ai moti meccanici e alle galassie, in una successione di scene che si corrisponde più in là dello sguardo. Lo spazio sembra un “lago infinito”, senza fondo senza sponde, riempito dalla materia per giungere a noi nel presente dal passato più remoto, facendoci “essere / adesso / altrove”. In questo movimento l’io si riduce, gioca a nascondino, scompare nelle cose, il bosco si espande ogni passo, il corpo muove la terra, il bramito di un cervo si estende sulla corteccia degli alberi.
Terra dei ritorni di Alessandro Anil
Collana Gialla
Alessandro Anil irrompe con estrema originalità nello scenario poetico attuale: nel suo verso lungo, che attinge alla tradizione orientale, la materia si trasforma in vibrazione, fa germinare immagini, ripetute e variate, una sull’altra, che conducono una dominante melodia: la sera e l’auspicio dell’incontro. La sera ha a che fare col sonno, lo stare “sulla soglia delle ombre” prima di addormentarsi, col “terrore” che il fuoco dentro noi stia morendo. D’altra parte l’incombere della fine accende la “sete”, che è ciò che fa muovere i nostri passi anche se è notte, nella metamorfosi, nel movimento, il cui principio è l’amore. Ecco perché nella sera la voce rivolge dapprima al lettore, poi a un’amica mia, la preghiera “lasciami entrare”: mentre ripete che “niente resterà qui”, essa popola lo spazio di presenze, che si toccano, crescono l’una sull’altra, deviano e ritornano, sono la promessa della vita, “indizi e ripetizioni che alternano la fine col principio”, a dirci “che non è fine, che c’è ancora tempo” finché resteremo sillabe pronunciate, alla luce del movimento che, nello stesso fiume della fine, incontra le presenze della vita.
Clone 2.0 di Vincenzo Della Mea
Collana Gialla
Vincenzo della Mea ha usato GPT-2, prima “addestrandola” introducendo circa 12.000 poesie (ma anche testi di informatica e di neuroscienze) lasciandola poi libera di creare poesia. La seconda fase è stata eliminare da questa super produzione le poesie che avevano troppi debiti o errori grammaticali, tramite dei software progettati dallo stesso autore umano, e infine scegliendo tra le rimanenti secondo il gusto dell’autore umano. La procedura con cui si è arrivati a questo volume prevede quindi un lavoro spalla a spalla tra macchina e uomo, le vette di Moravec paiono raggiungibili alla macchina solo grazie all’aiuto umano. Il risultato ci mostra un’ambiguità molto avvincente: la macchina si corregge attraverso una scelta umana, autoriale nella sua unicità (e infatti Vincenzo Della Mea chiama sé stesso “Autore umano”). Quello che ci dicono queste poesie, riguarda più noi stessi, o l’autore umano, che la macchina. Se nelle poesie leggiamo delle frasi alla Blade Runner è perché quel film fa parte del nostro immaginario, se leggiamo una nostalgia del corpo è perché pensiamo che la macchina debba provarla. Forse scopriamo che ciò che in noi dovrebbe sfuggire all’algoritmo è solo un algoritmo di grado diverso.
Eucariota di Giuseppe Nibali
Collana Gialla
Uno sguardo sulla realtà vivente a partire dalla sua consistenza, sussistenza. La vita che Giuseppe Nibali descrive è fatta di giornate di crolli e sesso dove il linguaggio s’avviluppa alla vicenda, la riflette con la massima aderenza. La vita complessa, pluricellulare, la vita materica fatta di bava ossa e peli che agiscono, figli vivi, si fanno del male e corrono dietro a un bene precario. Ma non solo uomo, anche l’orsa JJ4 che riporta alla natura animale umana, bestiale dove “metà della carne è da buttare” con il dubbio che quella “carne” siamo noi. Un male, il male che è cronaca di Chernobyl, un tour fatto col padre. Perché? Una madre che mente dicendo “che tutto sarebbe stato buono” in una “ciarmunia di pietra che batte la pietra”. Una bugia, un sarcofago terribile. E lo stesso autore che si compone della liquidità di diversi soggetti parlanti, multipli io interiori in una focalizzazione che muta a seconda del punto di vista. Una biologia complessa, eucariota, che approda a un “Non esiste più il male. Niente esiste”.
Continua con grandissima e insperata fortuna anche la rivista semestrale della Samuele Editore diretta da Matteo Bianchi: Laboratori critici – rivista semestrale di poesia e percorsi letterari. Rivista che nel 2023 ha saputo sdoppiarsi in un percorso canonico e in una Serie Speciale.
Per quanto riguarda il percorso canonico:
GIVEN NOTES. PER SEAMUS HEANEY
Ci siamo occupati di:
Dante Alighieri, Seamus Heaney, Andrea Longega, Michael Longley, Audre Lorde, Mario Luzi, Derek Mahon, Aldo Nove, Elio Pagliarani, Giovanni Pascoli, Anne Sexton
Oltre alla Redazione e al Comitato Scientifico hanno collaborato:
Irene De Angelis, Paolo Febbraro, Leonardo Guzzo, Andrea Longega, Michael Longley, Aldo Nove, Marilena Renda, Marco Sonzogni, Gian Mario Villalta
In questo numero:
Alessandro Agostinelli, Corrado Benigni, Maria Grazia Calandrone, Domenico Carrara, Davide Castiglione, Gianni Celati, Mario De Santis, Tommaso Di Dio, Carmen Gallo, Paolo Giovannetti, Matteo Marchesini, Gilda Policastro, Stefano Raimondi, Irene Santori, Gian Mario Villalta.
Oltre alla Redazione e al Comitato Scientifico hanno collaborato:
Sandro Abruzzese, Corrado Benigni, Maria Grazia Calandrone, Lorenzo Cardilli, Davide Castiglione, Mario De Santis, Tommaso Di Dio, Vernalda Di Tanna, Carmen Gallo, Paolo Giovannetti, Daniele Luti, Matteo Marchesini, Gilda Policastro, Irene Santori, Gian Mario Villalta.
Per quanto riguarda la Serie Speciale:
PAMPHLET IN OMAGGIO PER PORDENONELEGGE 2023
In questo numero:
Rivista semestrale di poesia e percorsi letterari
un’introduzione alla rivista
La tradizione della carta, la presenza dell’oggetto
dal numero 0, Novembre 2021, Editoriale di Matteo Bianchi
Una parola al confine: premesse per un progetto tra Regione FVG e pordenonelegge per la poesia
dal numero 1, Maggio 2022, di Gian Mario Villalta
Francesco Scarabicchi e la memoria della neve
dal numero 2, Novembre 2022, di Angelo Andreotti
Seamus Heaney, il poeta dei fermenti culturali
dal numero 3, Maggio 2023, di Paolo Febbraro
SPECIALE INTERVISTE
In dialogo con Alberto Bertoni, di Maria Borio
In dialogo con Claudio Damiani, di Chiara Evangelista
IL PROSSIMO NUMERO
I figli del caos: l’orizzonte del numero 4, di Alberto Fraccacreta
SPECIALE: NUOVO ALMANACCO DEL RAMO D’ORO
In questo numero:
Anna Maria Carpi, Carolus Cergoly, Danilo De Marco, Ferruccio Foelkel, Marina Giovannelli, Marco Giovenale, Dario Giugliano, Stefano Guglielmin, Loredana Magazzeni, Jolka Milič, Giampiero Neri, Massimo Palme, Alberto Pellegatta, Salvatore Ritrovato, Gregorio Scalise, Gabriella Sica, Federico Tavan, Mary Barbara Tolusso, Giorgio Voghera.
Redazione “Nuovo Almanacco del Ramo d’Oro”:
Roberto Dedenaro, Giovanni Fierro, Claudio Grisancich, Marko Kravos, Gabriella Musetti (coordinatrice), Sandro Pecchiari, Marijana Šutić, Francesco Tomada.
Hanno collaborato:
Danilo De Marco, Marco Giovenale, Dario Giugliano, Stefano Guglielmin, Loredana Magazzeni, Alberto Pellegatta, Salvatore Ritrovato, Mary Barbara Tolusso.
Per quanto riguarda i progetti fuori collana il 2023 ha visto la pubblicazione di un’antologia di testi poetici a cura di Arcometa e il romanzo di un vecchio amico della Samuele Editore: Roberto De Santa.
Nel dettaglio:
Poesie in viaggio – un prato per saltare, di AAVV, a cura di Roberto Cescon
Indice:
Magredi – Aldo Polesel
Si andava e per i prati – Maria Teresa Bravin
Un prato per saltare – Viola Santoianni
La veciuta – Anellina Colussi
La vecchina – Anellina Colussi
Infinito – Graziella Della Colletta
Il mio istante – Stefano Rossi
Profumo di fieno – Tiziana Bazzo
Verde di speranza – Luigi Scian
Il paradiso triste – Tifshit Shibabaw Heruy
Parole per l’anima – Michela Trevisan
Latisana – Giorgia Vecchies
La Samurun – Plozzer, Valeri, Zadro
S. Giovanni dei Cavalieri di Prata – Richelda Carniello
La magia del Tagliamento – Alessia Clarotto
Nuvole di rugiada – Caterina Costa
La via sacra di Aquileia – Cristina Dean
Assordante silenzio – Francesca Fasciani
Mia terra – Sabrina Flaiban
Passeggiando per Cusano – Dino Lenarduzzi
Poesia della vita – Daniela Marchetti
Un prato per saltare – Eliza Moraru
Il prato dei sogni – Paolo Nastego
Claut – Rita Marilena Pezzutti
Un prato per saltare – Enrica Piovesana
Il prato mi chiama – Romana Pivetta
Voci dalla natura nel silenzio – Omar Battiston
La danza dell’alba – Bruno Casomai
Amarcord – Mario Marcantuoni
Agente XXV° – Operazione Kozlov, di Roberto De Santa
Mai come in questo periodo storico i Servizi di spionaggio e controspionaggio sono stati così attivi. Questo è il quarto romanzo pubblicato con protagonista l’ironico e privo di retorica Agente XXV°. In questo capitolo della saga, incontriamo un nuovo inquietante personaggio: la signora Kozlov, maggiore del GRU.
Con illustrazioni di Antonio Steffan.
Per quanto riguarda la promozione si segnalano 152 recensioni e segnalazioni (QUI) e 93 articoli sulla stampa nazionale (QUI).
Hanno quindi trattato di noi, a vario titolo, tra gli altri: La Lettura, Il Piccolo di Trieste, La Nazione, La Gazzetta della Spezia, TuttoMilano, MareMosso, Il Secolo XIX, Il Tirreno, Il Sole 24 Ore, Semicerchio, La Voce di Mantova, La Nuova Ferrara, Il Quotidiano del Sud, Nuovi Argomenti, Il Messaggero Veneto, Il Gazzettino, L’Eco di Bergamo, Il Giornale di Brescia, Leggere Tutti, Il Foglio, Ansa, Avvenire, Il Resto del Carlino, Il Corriere di Romagna, La Repubblica, La Gazzetta della Spezia, Il Popolo, Venerdì di Repubblica, Il Centro, Huffington Post, Il Mattino.
Per quanto riguarda gli eventi a cui la Samuele Editore è stata invitata a partecipare o ha essa stessa organizzato, questi sono stati 129. Tra questi di particolarissima importanza:
- Una Scontrosa Grazia, Trieste
- Festival della Letteratura Verde, Porcia
- Salone del Libro, Torino
- Pordenonelegge, Pordenone
- MartedìPoesia, Pordenone
- Festa di Poesia, Pordenone
- BookCity, Milano
- Ritratti di Poesia, Roma
- La confraternita dell’Uva, Bologna
- Aspettando la Notte dei Lettori, Udine
- Tutto intorno è poesia, Gallarate
- Casa della Cultura, Milano
- Casa della Poesia al Trotter, Milano
- Il Circolo dei Lettori, Torino
- Incerti Luoghi Festival, Castello di Gorzone di Darbo B.T. (BS)
- Argini, Roma
- Casa Pascoli, San Mauro Pascoli
- Dima Book Festival, Roma
- Casa della Poesia, Torino
- Teatro dei differenti, Barga
- Teatro Arrigoni, San Vito al Tagliamento
- Sottovoce, Benevento
Senza dimenticare le varie presentazioni e/o momenti di lettura singoli o collettivi che hanno toccato città come Milano, Brescia, Pisa, Salò, Udine, Roma, Trieste, Bergamo, Pordenone, Napoli, Sarzana, Caltagirone, Genova, Gerenzano, San Vito al Tagliamento, Pravisdomini, Gallarate, Bologna, Maccagno, Carrara, Livorno, Pistoia, Palermo, Piacenza, Torino, Molicciara, La Spezia, Porcia, Castelfiorentino, Santo Stefano di Magra (SP), Castello di Gorzone di Darbo B.T. (BS), Bari, Fosdinovo, Tirrenia, San Mauro Pascoli, Barga, Levanto, Volterra, Certaldo Alto, Benevento, Firenze, Caserta, Gambassi Terme, Busto Arsizio, Varese, San Giorgio alla Richinvelda, Zoppola (Tutti gli eventi QUI).
Oltre agli eventi online tra i quali ricordiamo Vocale di Elisa Longo.
E come ormai da tradizione abbiamo pubblicato i numeri canonici della rivista Laboratori critici in occasione dei grandi eventi, dove l’abbiamo presentata:
- Salone del Libro di Torino
- Book City Milano
Di seguito alcuni dei momenti più belli di questo 2023 di viaggi e incontri:
Per quanto riguarda Una Scontrosa Grazia il 2023 ha continuato con un ricchissimo calendario a cadenza mensile presso la Libreria Lovat di Trieste. La redazione ha visto l’apprezzatissimo inserimento di Marijana Šutić accanto agli storici componenti Alessandro Canzian, Federico Rossignoli, Mario Famularo e Carlo Selan. Gli eventi svolti sono stati dal 104° al 111° con due specialissimi appuntamenti fuori cartellone organizzati in collaborazione con la Comunità croata di Trieste – Hrvatska zajednica u Trstu.
Il 30 gennaio Alessandro Canzian e Carlo Selan hanno presentato l’attività di Molesini Editore dialogando con il suo titolare, Andrea Molesini. Uomo di lettere, traduttore, già ben noto in ambito nazionale e ora anche visionario editore capace di creare una realtà promettente e audace, che sfida le abitudini commerciali puntando con forza e passione alla qualità dei testi poetici.
L’11 febbraio invece Christian Sinicco ha presentato la produzione poetica di Alberto Bertoni partendo da L’isola dei topi (Einaudi, 2021) fino all’antologica e tematica Culo di tua mamma – Autobestiario (Samuele Editore-Pordenonelegge, 2023). Un incontro denso di storia e critica, oltre che di poesia.
Il 18 marzo Marijana Šutić ha dialogato con il poeta, narratore ed editore croato Ivan Herceg, restituendo uno sguardo particolarmente interessante non solo sulle correnti poetiche croate (Herceg dirige anche la rivista “Poezija”), ma anche sulle differenze culturali tra l’Italia e la Croazia, manifestando in maniera dura la precarietà del lavoro letterario nell’ambito nostrano.
Il 22 aprile Alessandro Canzian ha presentato Distopica di Marina Giovannelli (Samuele Editore, 2022), un’opera capace di raccontare la solitudine dell’età accanto alla memoria di una vita, di percorsi politici, di ideologie e di ciò che resta dopo l’inesorabile attraversamento del tempo.
Il 13 maggio sempre Alessandro Canzian ha presentato la vincitrice del Premio Ritratti di Poesia 2022, edita nel medesimo anno da Interno Poesia. Defrost, di Diletta D’Angelo. Un libro di raro equilibrio e costruzione.
Dopo la pausa estiva, e per la prima volta nella sua storia, il 15 settembre Una Scontrosa Grazia è entrata nel cartellone degli eventi fuori città di Pordenonelegge con l’evento L’affermazione della poesia, un dialogo tra Paolo Febbraro e Nicola Gardini, moderato da Alessandro Canzian, su poesia e traduzione, sul passaggio tra le varie lingue e come tale passaggio, come il viaggio nelle opere altrui, possa influire sulla propria scrittura, sulla propria poetica.
Il 21 ottobre invece l’apprezzatissimo incontro con Alessandro Anil e il suo Terra dei ritorni (Samuele Editore-Pordenonelegge, 2023, collana Gialla), moderato da Mario Famularo. Un libro che, pur appena uscito (settembre), si è già imposto all’attenzione della critica nazionale per la varietà e la continua gemmazione originale d’immagini. Una melodia in versi che attingono alla tradizione orientale.
Ha concluso la programmazione del 2023 la presentazione di Natura di Roberto Cescon (Stampa2009, 2023) a cura di Gian Mario Villalta, il 21 novembre. Un libro che indaga il senso della poesia e le origini del linguaggio equilibrando anche vicende strettamente personali. Versi che in presentazione hanno dato modo di riflettere su questioni molto più ampie rispetto al singolo libro, ma capaci di percorrere vite e letterature grazie all’itinerario del libro.
Il 2023 di Una Scontrosa Grazia è stato anche l’anno dello sguardo differente, più ampio, non solo ai libri di poesia. Il ciclo si è infatti accostato al Festival Poeti moderni e contemporanei croati collaborando con la Comunità croata di Trieste – Hrvatska zajednica u Trstu e ospitando due loro date. Così il 22 marzo Carlo Selan ha moderato l’incontro I riferimenti di base, con Mladen Machiedo e Diego Bertelli. Un incontro particolarmente istruttivo su traduzione e percorsi letterari.
La fortunatissima collaborazione si è ripetuta il 27 aprile con l’incontro La poesia è traducibile? assieme a Valter Milovan, Andrea Molesini e Mladen Machiedo, moderati da Marijana Šutić. Una lezione tecnica e appassionante sulle potenzialità e i confini, e il labile velo che separa distanza da opportunità, che intercorre tra il traduttore e il testo.
Per maggiori informazioni e approfondimenti: il 2023 di Una Scontrosa Grazia.
Un anno di svolta, di lavoro, di scommesse e di successi, il 2023 di Laboratori Poesia, il lit-blog della Samuele Editore nato nel 2016 e ribattezzato Osservatorio Poetico da Claudio Damiani.
Tra le novità più importanti la nomina di Damiani a primo Direttore Editoriale del sito il 20 aprile a cui ha fatto seguito, il 26 novembre, la nascita (come evoluzione della prima carica) del primo Comitato Editoriale composto da Claudio Damiani, Arnaldo Colasanti, Nicola Bultrini, Franca Mancinelli e Alessandro Canzian.
Nell’ottica di un miglioramento continuo, ma quest’anno senza particolari stravolgimenti, il 2023 ha visto diverse modifiche nel Menu quanto nelle pagine delle rubriche con l’inserimento di piccole descrizioni per agevolarne la navigazione. Mentre, a novembre, è stato inserito un ulteriore piccolo menu per differenziare le possibilità di visualizzazione.
Le rubriche sono rimaste sostanzialmente invariate a parte la nascita, l’11 novembre, di Laboratoria, a cura di Beatrice Zerbini.
Attualmente quindi, considerando anche le sottorubriche, Laboratori Poesia nel 2023 si è strutturato nel seguente modo:
Tra le novità le nuove collaborazioni con Viva, una rivista in carne e ossa (Roma) e Scart – la poesia che si fa (Udine), che si aggiungono all’ormai consolidato Lo Spazio Letterario (Bologna).
Oltre a questo è aumentata la frequenza delle uscite delle Recensioni e Note di lettura che ad oggi coprono non solo il lunedì ma anche il giovedì.
La Redazione intanto è cresciuta e ad oggi vede l’impegno di (oltre al succitato Comitato Editoriale):
Caporedattori:
Vernalda Di Tanna
Federico Migliorati
Coordinatore di rubrica Il cavaliere Jedi
Vernalda Di Tanna
Redattori Il cavaliere Jedi
Patrizia Baglione
Fabio Barone
Fabrizio Bregoli
Rossella Frollà
Caterina Golia
Elisa Longo
Serena Mansueto
Elisa Nanini
Daniela Pericone
Antonio Francesco Perozzi
Coordinatore di rubrica L’arte del quasi
Rocío Bolaños
Redattori L’arte del quasi
Andrea Carloni
Leonardo Guzzo
Francesco Ottonello
Piero Toto
Coordinatore di rubrica Microcosmi
Dario Talarico
Redattori Microcosmi
Davide Cortese
Erica Donzella
Mario Famularo
Anita Piscazzi
Arianna Vartolo
Coordinatore di rubrica Mito e Logos
Olga Cirillo
Redattori Mito e Logos
Francesca Innocenzi
Mario Lentano
Coordinatore di rubrica Laboratoria
Beatrice Zerbini
Coordinatore di rubrica Xenia
Alessandro Canzian
Per approfondimenti e maggiori informazioni: il 2023 di Laboratori Poesia.
Infine, per tornare alla Samuele Editore, non possiamo non ricordate i libri posizionatisi nei premi del 2023:
- Antîc al è il cûr di Gianni Moroldo Premio al Miglior libro in lingua friulana, Premio San Vito (nomina nel 2022, premiazione nel 2023)
- Piazzale senza nome di Luigia Sorrentino finalista al Premio San Vito (nomina nel 2022, premiazione nel 2023)
- Ciberneti di Francesco Terzago in semifinale al Premio Strega Poesia
- Piazzale senza nome di Luigia Sorrentino Premio Ceppo
- Culo di tua mamma di Alberto Bertoni è arrivato semifinalista al Premio Camaiore, al Premio Tirinnanzi,
- Nel vortice. Il filo di Cesare Lievi semifinalista al Premio Tirinnanzi, al Premio Città di Sassari
- Diktionarium di Giorgia La Placa semifinalista al Premio Città di Sassari
- Un buon uso della vita di Gabriella Musetti semifinalista al Premio Tirinnanzi
- Ribilanciare per sottrazione di Elisa Longo secondo Premio Aeclanum.
BUON ANNO A TUTTI
Samuele Editore