Il mio amico colleziona ceramiche di Meissen – Lino Roncali



 
 
Il mio amico colleziona ceramiche di Meissen
Lino Roncali
Pagine 74
Prezzo 14 euro
ISBN 979-12-81825-04-8


 
 
Versione online Sbac!
Prezzo 5 euro


 
 

C’è una fede, in questi versi, vera, che non è da confondere con la certezza (se certezza vi fosse, a che la fede?) e c’è speranza, quella sì, legata non tanto alla propria vita, quanto alla vita stessa, che è soprattutto vita degli altri. La vita normale, una bella giornata, un posto gradevole, il buon cibo, l’amicizia. Non si creda che si tratti di rassegnare fede e speranza nelle mani di una saggezza oraziana a buon mercato: in questa elegia forse, di Orazio, c’è proprio la rinuncia all’indicibile perché ovunque “le parole non parlano davvero” per se stesse, ma nella voce e nel respiro, dice la poesia intitolata Disnomia: solo lo stare sulla terra e il condividere la vita danno alle parole un senso.

Allora si spalanca, anche per Roncali, un abisso, e non lo vorrebbe. Preferirebbe anzi toni più sfumati, una leggera autoironia, la dolcezza delle cose condivise, l’intelligenza del momento giusto. Però accade che al cuore delle parole, in fondo a ciò che neppure la morte cancella, c’è l’enigma del tempo e, per ogni vita, la domanda su quale relazione vi sia tra il tempo della nostra vita e il l’ipotesi di un destino.

Gian Mario Villalta

 
 
 
 
Distanza
 
Credo ormai che le parole
nostre per te
non abbiano segreti
 
invece su questo mistero
che ci affianca e non ci parla
mi piego ancora lasciando
impronunciato il nome
 
da quell’altrove
tu ancora taci
le parole vanno
per più non ritornare
e così sarà per me
quando dormirò anch’io
nelle parole degli altri.
 
 
 
 
 
Porta ostile
 
Pensarti adesso senza nulla chiedere
oltre quella porta
dov’ero certo di trovarti
dove le nostre voci
si accedevano improvvise
così ostile oggi a rievocare
il calore che era stato
 
dopo tanto dire
sarà ora questa porta a dividere
la mia solitudine e la tua.
 
 
 
 
 
 
Un luglio così breve
 
Mi hai sempre canzonato
per la mia fissa del ciclista
una passione senile dicevi
una di quelle che finiscono per devastare
gli anni ultimi delle persone fin qui perbene
 
così quel giorno ti ho chiamato
nello scollinare il crinale del Vajont
ti ho sentito incerto fra il non credermi
o il ritenermi definitivamente andato
nel senso di finito nel novero dei folli
persi in quelle valli e sono tanti
 
era un luglio strepitoso
scivolavo in bellezza dentro il paesaggio
luce e ombra alberi e case si sfrangiavano
nell’onda d’aria e si ricomponevano
nell’istante del mio passare
 
pareva infinito questo scorrere di istanti
e così il tempo nostro per condividerli
fino a quell’altro luglio
un luglio così breve
di dieci giorni appena.
 
 
 
 
 
 
Una lettera
 
Chi resta ha ali sensibili
ha fiori bugiardi
di rimpianto e solitudine
 
chi resta dice si può amare
perdere la direzione
decidere le rotte del passato
 
chi resta non patisce più la colpa
è libero di confondersi
di fare passi falsi
come i paesaggi i profumi le voci
 
chi resta reclama il diritto
di non parlare né sottrarsi
senza che una poesia lo possa dire
guardare il mare nero
contare gli anniversari
 
chi resta è come chi non resta
e noi sapremo essere come eravamo
quando c’eri.
 
                       …
Ormai ho imparato pezzo a pezzo
a ricomporti nel mio tempo
e salutarti come sempre
sicuro che non disturberò.
 
 
Con tre tavole di Claudio Guerra