L’Occidente deve sopportare il peso e le conseguenze di un errore fatale: aver creduto di poter separare la psiche, l’anima, dal corpo, demonizzato e bruciato nei roghi come tristemente sappiamo, e si trattava in gran parte di corpi di donne. È doveroso ricordarlo di fronte a una silloge che celebra l’amore, nel quale il corpo e il desiderio che lo abita ritrovano il posto che loro spetta: In canto a te di Lucianna Argentino (Samuele editore, 2019, pp. 99) con prefazione di Gabriella Musetti.
La scissione comporta la negazione della parte svalutata, il femminile, oltre a una dolorosa reificazione pervasiva di tutti gli ambiti dell’esistenza, tutto cioè diventa “cosa”, materia inanimata, dal lavoro umano ai sentimenti, alle pulsioni. È una festa del cuore e della mente quindi leggere:
“Strega folle brucio sul rogo del suo corpo,
sfavillo felice sotto il crepitìo delle sue mani
ardo di sapienza verticale
nella combustione dell’abbraccio esotermico
– lui il legno io la pietra focaia.
Danzo il sabba senza giudizio
attorno al fuoco mistico del noi veggente
l’estasi terrena – io e lui complici
nell’infinita scienza della carne.”
Il libro, con una scrittura limpidissima e la verità di chi ha compiuto un cammino per raggiungerla, può essere accostato alla grande stagione della cultura e della poesia rinascimentale – infatti in esergo troviamo alcuni versi di Gaspara Stampa – tempo in cui alla corte di Lorenzo il Magnifico tornavano il “paganesimo”, la sacralità del corpo, l’antichità classica secondo la quale ogni cosa era piena di dei (Talete).
Ma l’amore per la poetessa si sposa splendidamente anche con i sentimenti dei mistici cristiani assimilati al suo discorso amoroso particolare e pure universale (Angela da Foligno, anch’essa citata) e con episodi evangelici, per esempio la scena dell’emorroissa guarita per aver toccato le vesti del divino Maestro. Anche l’amore è una ferita che il corpo dell’amato sana.
La “gazzella d’occidente”, benedetta dall’uomo nella fusione del corpo-anima, può raccontare all’uomo il mondo, la città anche nei suoi aspetti più penosi, i mendicanti sotto i ponti, oltre che la bellezza e la vita che pulsa ovunque. È un dare e un ricevere simultaneo, un rispecchiamento.
Graziella Atzori