Intervista a Gabriel Del Sarto – prima parte – su Atelier

da Atelier

Gabriel Del Sarto (1972) ha pubblicato le raccolte poetiche I viali (2003, Atelier), Sul vuoto (2011, Transeuropa) e Il grande innocente,  (2017, Nino Aragno Editore) poi confluite nel recente Tenere insieme (2021, PordenoneLegge-Samuele Editore). Ha pubblicato un saggio monografico sulla poesia di Turoldo (Raccontare la verità, 2019, Lamantica) ed è autore di volumi sui processi narrativi nelle pratiche di formazione, fra cui Raccontare storie (con F. Batini, 2007, Carocci).

 

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MB – Il tuo ultimo libro, Tenere insieme (Samuele Editore, collana Pordenone Legge, 2021) è una pubblicazione che raccoglie, con alcune modifiche, i tuoi libri I viali  (Atelier, 2003), Sul vuoto (Transeuropa, 2011) e Il grande innocente (Aragno, 2017). Il testo che apre questa raccolta, A 3 km, Gabriel, sembra presentare in nuce tutte le tematiche principali della tua produzione, in particolare quelle della casa, della quotidianità, della condivisione della stessa mensa e quella relativa alle presenze angeliche. “Le cose accadono” come si legge nella citazione da Hill che apre il testo: e le cose accadono nella loro umiltà, anche nella loro scoratezza: “Le circostanze sono / fatte / così. Indecenti”, “E pure questo, credere per istinto di conservazione, / pure questo è / sublime e quotidiano”, “Correnti di vento ascensionali, s’annuncia tranquillo / il fine settimana in questa mattina, californiana / sul lungomare – ogni cosa è perfettibile” e si potrebbe continuare. Questo paesaggio vacanziero (“il posto di vacanza” di Sereni – e forse, implicitamente, quello della villeggiatura pagnanelliana) sembra conflagrare, in alcuni momenti, con la sua polarità sublime, quasi mistica, per cui il dato quotidiano si apre a epifania dell’ordine eterno che, essendo tale, è perpetuamente presente alla sua origine: “Esistono ore / che ancora mi possono colpire con la loro luce / bassa, la coincidenza dell’Origine / e della Fine, qui fra le canne / spazzate dal sole e dal sale, ai lati del viale, buone / per tirar su negli orti le gioie estive dei pomodori”, oppure, nella seconda partizione della raccolta, “Il presente è dove abita la pace”. Potresti approfondire questa coincidenza di alto e basso, di salita e discesa?

GDS: L’alto è il basso e il basso è l’alto, diceva Meister Eckhart. Scendere verso il basso, il “fondo dell’anima” come lo chiamava, significa ascendere, e quindi conoscere quel Dio che “mi è più intimo di quanto io lo sia a me stesso”. In questo percorso di conoscenza il ruolo del Logos, alla fine, è quello di riconoscere che al fondo del nulla anche l’io trova la sua morte. Tutto muore. Anche l’io deve morire, perché se muore a se stesso, se rinuncia ad ogni volontà e a ogni desiderio, allora sarà penetrato da Dio. Questo è il movimento fondamentale che puoi trovare in filigrana al libro intero, ma espresso da dentro la nostra epoca, abitato dalle cose della nostra epoca, con la lontananza di Dio che sperimentiamo nella nostra epoca. Tenere insieme, letto secondo questa chiave, è quindi un libro che rappresenta tre tappe di un percorso iniziatico: la ricerca iniziale, la perdita e il vuoto, e infine la nuova scoperta di un senso e di una fede, per quanto sempre minacciata e fragile, impossibile da possedere. Una fede “quantica”, mi verrebbe da dire, perché alla fine non prevedibile, basata su intuizioni, vibrazioni e vagiti, più che su teologie strutturate. Un percorso di questo tipo, se si fonda sulla serietà, non può che guardare con sospetto ogni eccesso di astrazione ed essere strettamente legato alla quotidianità, dimensione di partenza e poi di arrivo di ogni riflessione.

Esiste poi, almeno nelle mie intenzioni, anche una lettura “laica” del libro, in cui Dio e gli angeli significano altro e non loro stessi. Intendo dire che il campo di forze in cui si muove l’io di questi testi è comune a tutti coloro che, al di là delle fedi, tentano di interpretare la nostra epoca, coloro che cercano la verità dei nostri “destini generali” senza dimenticare la loro biografia. Si deve però fare chiarezza su cosa io intenda con biografia, evitando di schiacciare questo concetto alla mera concatenazione dei fatti accaduti ad un individuo in un dato tempo. La biografia per me è un campo vasto, in cui si intrecciano tre piani, o livelli: quello appunto della cronaca e dell’esperienza di un individuo in carne ed ossa; quello dell’evento, ossia dei momenti episodici in cui la verità prende il sopravvento e, rivelandosi, carica di senso l’esistenza di tutti; quello, infine, della pluralità, che di fatto è quel piano in cui si comprende con profondità assoluta che l’io esiste solo nella relazione, in quanto “noi” concreto, incarnato e non astratto. Una relazione in cui nasciamo ma che, al tempo stesso, giorno per giorno intessiamo con gli altri umani e non umani, e persino con la materia non vivente. Capirai quindi che, in questo senso, è la biografia che trascende la storia collettiva, e non il contrario. Anche dentro questa lettura laica, il basso è l’alto, e il quotidiano misura il grado di verità di ogni pensiero.

 

Intervista di Michele Bordoni

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