La stagione accanto su Sololibri


 
 
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È così importante comunicare che non farlo o essere impossibilitati a farlo sviluppa la depressione. E ci si sente sempre più smarriti, oggi, in una società parcellizzata, costituita da individualità alla ricerca di senso, di recupero della vita.
Il regista Antonioni ha sviscerato questa tematica, ponendo la donna come simbolo dello smarrimento, certo per ragioni storiche e sociologiche — il femminile troppo a lungo negato dalla civiltà patriarcale —, ma anche e soprattutto perché la sensibilità incarnata dalla donna è una condizione di isolamento e diversità, mentre nel contempo apre, o potrebbe aprire, le porte della più ampia comunione.

In questa bella silloge, La stagione accanto (Samuele editore, 2021, pp. 70, prefazione di Gabriella Musetti) densa d’immagini e meditazioni, di ricordi, Rossella Caleca traccia un cammino che parte dalla solitudine interiore, stigmatizzata nella dimensione dell’”assenza”, per arrivare al rapporto che libera. La poetessa lega sapientemente corpi, luoghi, parole, tesse la realtà interiore/esteriore con un filo. Logos significa filo; abbiamo un “continuum” che si rigenera:

“I luoghi sono fatti di corpi / tesi a filare ciascuno / una lingua sospesa: / accadono i luoghi tra i fili / parenti, tra corpi svelati / l’uno dall’altro nascenti.”

Soprattutto il legame con le altre donne fa da specchio e sorregge, come ben sottolinea la prefatrice.
Ci troviamo di fronte a una scrittura asciutta ed ermetica, concettuale, (“la canna di ragione / che mi spetta”), capace di far trasparire il sentimento con misura ma concentrato e intenso. Bellissima la metafora del “gatto interiore”:

“Tira fuori il gatto dalla guancia / escilo dalla bocca, posalo / offeso e scarruffato, sul divano.”

Che in noi vi sia un animale totem, nostra sostanza nascosta da riconoscere ed estrarre, è la credenza del “popolo rosso”, i Nativi Americani. Mi stupisco sempre per i parallelismi che la poesia sa individuare… anche senza intenzione.
La stagione, o le stagioni sviscerate e riportate al presente, spesso con la malinconia negativa/positiva che toglie il privato dal suo ghetto e lo rende fruibile e condivisibile, la stagione sta accanto e con una presa di distanza si lascia contemplare con oggettività. Accanto significa pure calore e ritrovamento; con tale riappropriazione cade la solitudine.
Ecco la terapeutica della risata:

“La tua risata a scrosci / esplode in polpa e semi, liberati / al tocco di un dito / dal silenzio, nolimetangere / curioso – apre un cerchio / di gialli iperici, a tagliare / ogni male.”

Il perduto in realtà c’è. È nella memoria, nella storia familiare, nell’immaginario appagante e purificante, come nella poesia dedicata a una figlia che se fosse esistita sarebbe stata, e lo è pure in forma sognante e fantasmatica, un dono d’immenso valore.

Graziella Atzori

 
 
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