Le filastrocche del Pangolino – Renato Gorgoni

 
 


 
 

Le filastrocche del pangolino
Renato Gorgoni

Samuele Editore 2018, collana Scilla
prefazione di Livio Sossi

pag. 68
Isbn. 978-88-94944-03-7

12 €
spese postali 2 €
 
 

Qual è il ruolo della poesia (e in particolare della poesia per ragazzi) nella società contemporanea? Chi è oggi un poeta? A dare una prima possibile risposta è lo stesso Renato Gorgoni, autore della raccolta Le filastrocche del Pangolino che vede la luce grazie all’amico Alessandro Canzian delle Edizioni Samuele di Pordenone, un editore di poesia particolarmente attento alla ricerca poetica contemporanea.
«Un poeta – scrive Gorgoni – è un giocoliere delle parole».
È evidente il richiamo a Gianni Rodari e al suo “giocattolo poetico”, il concetto di poesia come gioco messo in evidenza ancora prima, da Huizinga (“La poesia nella sua funzione originaria è nata nel gioco come gioco”) e da Schiller (“La poesia è forse il gioco più difficile, forse il più tragico, ma è un gioco”).
Giocare con le parole dunque, anche per cambiare il mondo, per renderlo più giusto, più umano.
Sì, perché nelle filastrocche di Gorgoni il gioco di linguaggio si fonde (come in Alfonso Gatto, come in Marcello Argilli, e nello stesso Rodari) con l’impegno civile e sociale. Anche se i protagonisti che le animano sono soprattutto animali e verdure.
Quello che ci propone qui Gorgani è dunque un meraviglioso bestiario in versi, sulla scia di Nico Orengo, di Marco Zanchi, di Gianni Zauli e di Toti Scialoja e delle sue Poesie con animali; sulla scia del bestiario in versi di Arianna Papini dedicato agli animali estinti o in via di estinzione e del loro rapporto con l’uomo. Anche Gorgoni si sofferma soprattutto su questo rapporto e lo fa con garbata ironia, con leggerezza calviniana.
Divertissement e tradizione nonsensistica sono presenti soprattutto negli incipit delle filastrocche di Gorgoni che ricordano e si ricollegano alle filastrocche della nostra tradizione orale, ai celebri ottonari del “Corriere dei Piccoli” e, in anni più recenti, ai componimenti di Nico Orengo (Canzonette), Giuseppe Pontremoli (Rabbia Birabbia) e, appunto, a certe poesie di Scialoja.

Livio Sossi

 
 
 
 
C’era un drago assai peloso
 
C’era un drago assai peloso
che di notte era ululoso
ululava ogni momento
quel suo, Uh! Uh! Uh UUUh!
producendo lo sgomento
della triste razza umana
per la vita impoverita
d’ogni senso ormai svuotata.
Ma un padrone intelligente
pensò subito a sfruttarlo
e gli offrì un lavoro fisso
fare il pianto per la gente
compensato a pagamento.
Gli si rivolgevan tanti
lo pagavano i bambini
per dar sfogo ai loro pianti,
gli ammalati ormai di cancro
coi lor cari tutti quanti
per piangere i lor parenti.
Tanto che il drago peloso
con i pianti a pagamento
diventò ricco e famoso.
Così tutti eran felici
perché c’era quel peloso
con la pronta lacrimuccia.
Funzionava ora a gettone
pronto a fare il giramondo
che piangeva le disgrazie
dell’intero nostro mondo.
Ma qualcuno disse basta
con la scusa del suo pianto
che purtroppo è solo finto
questo esoso gran Peloso
spilla soldi a tutti quanti.
Una folla protestante
digrignando faccia e denti
lo cacciò lì sull’istante
dichiarando l’ululoso
col padrone suo furbetto
un imbroglio maledetto.
 
 
 
 
 
 
Lo Spinosauro con zanne taglienti
 
C’è uno Spinosauro con zanne taglienti
finirci dentro in quella bocca
sotto quei suoi quarantaquattro denti
sarebbe proprio una sventura
ti trita ridendo come fosse verdura.
Così Pierino, bambino sveglio,
lo ha reso buono con un sorriso
ammansendolo come un coniglio.
Ora Spinosauro dai denti taglienti
è diventato un agnellino.
Ma come ha fatto l’allegro Pierino
a trasformarlo in agnellino?
Con grande coraggio l’allegro Pierino
dialogando con intelligenza,
spiegandogli che è meglio far pace
gli ha fatto odiare la sua violenza.
Però Spinosauro con zanne taglienti
essendo un dinosauro predatore
gli ha fatto capire con voce mostruosa:
Cooosa daròòò da maaangiare ai mieei deeeenti
seeemmmpre furioooosi, affamati e vioooolenti?

 
 
 
 
 
 
Bel polposo pomodoro
 
Bel polposo pomodoro
sulla lingua sei un tesoro
mi ricordi un diavoletto
grassottello e rosseggiante
con un pizzico di sale
stravaccato sul bel letto
di una pizza margherita
col suo gusto più geniale
vero simbolo d’Italia
dove insieme a mozzarella
che di bufala sia vera
lì raggiungi il paradiso
di una nuova primavera
nel perfetto tricolore
di quel filo d’extra vergine
col basilico nostrale
dai a tutti quel rossore
che fa rima con amore.
 
 
 
 
 
 
L’ape
 
C’è un’ape che ha preso il treno
perché è stufa di stare a Staglieno
e nel corso del viaggio
bisbiglia adagio, adagio:
– Che faccio? Che faccio? Pungo
quel signore col naso a fungo? –
No! Poi dice ricredendosi,
– è un bravo lavoratore
che ha un posto da muratore.
Allora pungo quel tale magro
che sta mangiando le olive all’agro? –
No! dice di nuovo un po’ esitando,
– Mi sembra un serio impiegato
piuttosto malandato.
Allora pungo la vecchietta
che ha sulla faccia quella macchietta? –
No! dice ancora pentendosi,
– mi pare una brava nonnina
che porta il regalo alla nipotina.
Comunque non resisto
con quest’arrabbiatura
a qualcuno certo devo
assestare una puntura. –
Così vede un gran mafioso
finto invalido assunto alla posta
col favore della busta.
– Voglio dargli una lezione
a questo emerito imbroglione! –
Dice l’ape tale e quale
e lo trafigge col pungiglione.
– Ahi! Ahi! Che male!
Che tormento!!! –
Grida il mafioso, invalido finto
mentre l’ape ritorna in un baleno
nella sua vecchia tana di Staglieno.