Lessico terrestre
Vito Giuliana
Pagine 138
Prezzo 13 €
ISBN 978-88-94944-97-6
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Prezzo 5 euro
Il viaggio comincia in un’alba d’inverno, con “il volo solitario del falco”. La direzione è quella del tramonto – l’Occidente. Nell’area creaturale e fenomenica che questa silloge tenta di circoscrivere, seguiranno il “nero volo dei merli”, gli “oscuri corvi”.
La scrittura è erranza, forse senza esito.
Sul frontespizio sta scritto che l’autore è il poeta Vito Giuliana, ma in realtà non sappiamo chi abbia composto questi versi. Ad ogni lettura, il soggetto che traccia le parole sembra scomparire. Scorgiamo questo “io” nell’atto di ricreare o – almeno – di testimoniare un cosmo, cogliendolo nel gesto di un arretramento della propria identità. Nessun’allusione autoreferenziale, nessun riferimento o compiacimento autoriale.
Nel fading del soggetto, nella sua dissolvenza di monade grandiosa, ma intensamente solitaria, la lingua resta come un residuo impronunciabile del mondo. “Chi scrive tace. Chi legge non rompe il silenzio” – sentenziava Pascal Quignard.
Avevamo lasciato Giuliana tra le pagine di Inventario (2021), forse la sua opera più essenziale di scavata maturità – “frammenti lirici” gettati come lacerti di lettere dal naufragio della soggettività, un anno prima della vasta impresa della sua Trilogia Poetica – che, invece, è apparsa come una voce dispiegata in una toccante teurgia di resurrezione delle vite dei grandi artefici della musica, della pittura e della letteratura.
Oggi lo ritroviamo in una sorta di catalogo di paesaggi abitati da un altro tempo e governati dalle imperscrutabili leggi di una natura arcana, atlante di mondi senza io, imperturbabile voce metafisica dell’abbandono. Una vocazione remota, per l’autore che ci occupa, se rammentiamo che proprio Catalogo ed Atlante – già nel tratto estremo del secolo scorso – rappresentarono significative raccolte di versi e di prose poetiche dello scrittore siciliano, allora non ancora quarantenne.
dalla prefazione di
Roberto Comelli
Tra i minerali dei depositi
crescono i cristalli fulgenti del sale
e le polveri delle tempeste.
Le fabbriche delle frontiere
producono vetri, scintille e vapori
per le notti superbe del sud.
Campi d’erba risalgono
altopiani di pascoli e profumi.
Oltre i monti le piogge modellano
la superficie delle terre
e le sostanze
del ferro e del carbone.
La breve tregua della notte
proclamò il numero delle lampade
nell’attesa delle ombre.
Gli accordi condussero
ai rifornimenti di grano
e alla prima neve sulle cime.
Nella pura cera dell’alba
gli orologi di neve tramontano
nel silenzio antico delle querce.
Dalla nuda sorgente il giorno rinasce
sulla segreta conchiglia del viso.
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