da SoloLibri
Economia e poesia sono parole unite dalla rima, data dall’accento caduto in entrambe nell’ultima coppia di vocali. Sarà questo il segno di qualche parentela tra due mondi in genere distanti?
Il poeta Marco Amore ha appena dato alle stampe la sua silloge L’ora del mondo, (Samuele editore, pp.82, 2023) con prefazione di Luigino Bruni in cui il denaro, l’homo aeconomicus vanno di pari passo con i versi, riempiti (ma non solo) dal capitale, dalle speculazioni edilizie, fondi derivati, dichiarazione dei redditi, le segretarie sfinite a fine giornata in ufficio.
Tutto ciò diventa immagine e prosa poetica, ma sono immagini cariche di tristezza.
È un mondo “dove abbiamo / tutto e niente“.
L’individuo perde i suoi affetti o li mortifica, trascurandoli necessariamente per dedicarsi al lavoro che fa di lui un essere reificato, ridotto a cosa.
Il pantha rei, “tutto scorre” di Eraclito, sentenza che univa in un sinolo felice materia e anima, prima che Aristotele lo teorizzasse, qui si trasforma in uno stato disumano che sembra non avere soluzione.
La vita diventa frenetica, carica di impegni, orari, scadenze, fugge in un tempo accelerato:
il concetto di rapidità / è basilare in questa tecnocrazia / in cui l’uomo diventa speculare / al parco macchine; / così finisce per procrastinare / l’affetto e il fenomeno dell’obsolescenza / programmata / gli penetra nel corpo / alterando la durabilità / delle cellule.
La sintesi di pochi versi esprime tutta l’alienazione, il divario tra l’uomo robotizzato e la sua interiorità:
Da quando lo hanno assunto / a gennaio, / il lavoro / ha spento la sua scintilla / divina
E poco sopra nella stessa poesia Amore dichiara:
Ho imparato a vivere con la data / di scadenza come il latte
La via di liberazione è la natura, sono i cambiamenti stagionali di cui il poeta dà spettacolo con parole intense e vibratili.
Non crede nell’ontologia tradizionale, ma cerca l’anima nelle pietre e nel vento. Ammira Gesù che non ha insegnato l’accumulo ma ha lasciato il “Kerigma” della liberazione.
Si sente rinchiuso nel cappotto evoico. Confesso la mia ignoranza in entomologia, sono andata a cercare il significato dell’aggettivo “evoico” nel vocabolario. Si tratta della copertura del fuco chiuso nel bozzolo, in attesa della fuoriuscita della farfalla.
Siamo tutti soli. Nasceremo alla comunione empatica?
A ciascuno la sua risposta. L’ora del mondo è questa, una trasformazione auspicata.
Graziella Atzori
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