da Il Sole 24 ORE del 31 maggio
Dalla pubblicazione de “L’Ospite Perfetta”, in cui scomponeva gli stilemi di Angiolieri, Cavalcanti, Petrarca, sino a Leopardi e Gozzano, per inocularci i sintomi di un periodo storico degradato e controverso, ossia il frangente pandemico, i sonetti di Agostinelli negano la visione e la versione ufficiale del mondo, rivalendosi del loro significato ideologico per dare voce a dissensi e dissapori. Il poeta toscano ripercorre e avvalora la trasformazione del componimento che, intorno al quattordicesimo secolo, acquisiva un carattere comico-realistico e parodico, fuoriuscendo dalle corti italiane, in disaccordo con i luoghi comuni del potere. Il recupero di endecasillabi, novenari e settenari, da parte sua procede con “Le vive stagioni” (L’arcolaio, 2023), un prosimetro che ricuce insieme i tre canoni dello stilnovismo dantesco, ossia i concetti di salus, venus, virtus. Agostinelli traccia un percorso ideale dalla contemporaneità indietro nel tempo, rinnovando il presente con le fondamenta musicali del passato – “in questo medioevo / umido e un poco scuro / la linea della bocca / è una maniglia d’oro” – ma senza reliquie di conservatorismo né sacrificando la spontaneità dell’atto creativo.
Matteo Bianchi
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