«Il carnevale è il tempo del rovesciamento delle consuetudini» scrive Alberto Casadei all’inizio della nota che introduce a L’ospite perfetta. Sonetti italiani di Alessandro Agostinelli, breve silloge di poesie pubblicata a giugno di quest’anno per Samuele Editore. Non posso non essere d’accordo con questa definizione e con l’intero discorso che segue questo avvio; ma, allo stesso tempo, non posso non pensare a una sorta di infinito carnevale, o pessimo scherzo di carnevale, che stiamo vivendo tutti da molti mesi a questa parte, col nostro essere costretti a indossare una mascherina che posticcia si è sovrapposta alle molte maschere indossate quotidianamente. E tra ciò che il carnevale rovescia e ciò che non è più tornato in asse, ormai regna una tale confusione ché tutto si sovrappone e tutto partecipa alla perdita delle coordinate, delle minime certezze; insomma, tutto non rientra negli schemi di una pretesa normalità, e tutto si riscrive un attimo dopo essere stato formulato.
Anche le certezze possono essere riscritte. Molti lo hanno fatto prima di noi. La Riscrittura è stata una vera e propria prassi che ha dato vita a un genere in pieno Rinascimento, e che ha raggiunto il suo apice – in grado di oscurare per secoli l’originale – nel rifacimento berniano dell’Innamoramento d’Orlando di Boiardo. Un rifacimento condotto in anni di crisi identitaria, politica, civile, culturale, sociale. Il che mi fa pensare che rivedere i fondamentali sia un passaggio quasi obbligato quando si è travolti da una crisi. E così dev’essere stato per Alessandro Agostinelli, che, chiuso nel silenzio imposto dalla pandemia, ha avuto modo di riflettere sui propri cardini, i personali capisaldi, e quindi convincersi della necessità di una loro riscrittura, di una personale variazione che non fosse semplice riattualizzazione (che porterebbe verso la satira, genere qui toccato di sfioro), bensì che ne fosse la parodia.
Fabio Michieli