da La Balena Bianca
Antonio Lillo, Mal di maggio, Samuele Editore, Pordenone 2022 (Massimiliano Cappello)
Il «mal di maggio» che dà titolo a questa raccolta del poeta ed editore pugliese Antonio Lillo (da una decina d’anni è infatti direttore editoriale della casa editrice Pietrevive) è una malattia primaverile non umana. Laddove l’acqua scarseggia, infatti, le api si intossicano trasportando il polline non diluito e, «nel tentativo di liberarsi dall’eccesso, producono escrementi di colore simile a quello delle mie poesie» (p. 39). Ma non si creda a una poesia di sfogo. Se pure l’enfasi sul mezzo non potrebbe essere più evidente, come dimostra peraltro la spaventosa mole di «poesie sulla poesia» che compone il libro, a Lillo va riconosciuto più di un merito per questa operazione. Non solo quello di trattare la materia con la levità e la sprezzatura dell’epigrammista, ma anche di aver scelto il proprio interlocutore ancor prima che questo gli venisse imposto. In altre parole: gettato o gettatosi nel famigerato pubblico della poesia, Lillo sceglie di rendere questa permanenza un gesto comico ma anche eroico. «In questo mio libro pescato (che avrai) | fra gli usati al mercato» (Se ora mi leggi anche tu, p. 76): la trascrescenza delle posizioni passatiste in avanguardia. È gran tempo oramai che le poesie che si scrivono non sembrano comunicare altro che il proprio brevetto formale. Ma uno spettro si aggira per Locorotondo: è lo spettro di Marziale.
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