An Unrehearsed Flood/L’imperfezione del diluvio, Sandro Pecchiari (Samuele Editore 2015, prefazione di Andrea Sirotti)
Venezia, con la comparsa del carattere mobile, divenne nel ‘500 patria incontrastata della produzione libraria in Italia. Tutti i grandi autori del passato, tramandati manualmente nei monasteri benedettini, potevano ora essere stampati nelle loro maestose monografie. Tuttavia non tutti gli esemplari stampati e pubblicati erano composti da un’unica opera di un unico autore. Era anzi in voga, un po’ per economia ed un po’ per arricchire un esemplare, stampare miscellanee contenenti più opere di più autori. E queste miscellanee giravano un po’ tutta l’Italia e l’Europa. Io stesso, anni addietro ne possedetti una nella quale si trovavano assieme le Favole di Esopo, la Batracomiomachia di Omero (?) e L’Ero e Leandro di Museo. Un libro di immenso valore culturale ed artistico. Ma ciò che realmente rendeva quell’esemplare meraviglioso era la scelta dell’editore di pubblicare quel volume in un testo a fronte bilingue greco-latino.
Sarebbe stato così che l’umanista cinquecentesco avrebbe potuto approcciarsi a quei contenuti nelle due lingue, all’epoca, in auge. Il greco era la lingua del puro spirito umanistico mentre il latino era correntemente lingua d’espressione intellettuale universale. Non è certo un caso che in quel secolo nove libri su dieci fossero stampati in latino.
Ora, nel volume di poesie di Pecchiari, accade più o meno la medesima cosa, con un esito d’intento artistico pari al gemello pubblicato parecchi secoli addietro.
Accade così che l’inglese, lingua amata e studiata dall’autore, in questo caso venga utilizzato come strumento per ri-scrivere una “vera” silloge della nostra letteratura italiana. Perché Pecchiari è poeta vero e di indubbia statura artistica.
Italiano e inglese, appunto. Ma qui, precisamente difronte cosa ci troviamo? Un libro in inglese tradotto in italiano o un testo italiano reso nella lingua di sperimentazione intellettuale dell’autore, ovvero l’inglese?
Rispondere sarebbe quantomeno inutile. L’opera è da leggersi come cosa unica e, sia in una lingua che nell’altra, la sua poetica risulta costante e completa. Di certo, comunque, questo bilinguismo è qualcosa di sanguigno appartenente alle vene dell’autore.
Marco Strano
Continua su Laboratori Poesia