Ci sono poeti da social e poeti da cena, poi ci sono poeti che pancia a terra lavorano sul linguaggio mettendosi continuamente in discussione. Già finalista alla 40esima edizione del Premio Tirinnanzi, con Tenere insieme (Samuele Editore-Pordenonelegge, 2021) Gabriel Del Sarto più che un’auto-antologia ha composto una rivisitazione del suo percorso poetico dal 1995 a oggi, alla ricerca di un punto fermo, di una soluzione che s’incurva su di sé e diventa verticalmente abissale.
Piazzale senza nome (2021) di Luigia Sorrentino, edito sempre da Samuele nella collana gialla oro – Pordenonelegge, è un volume che ha anticipato il senso di caducità spaesante portato dall’ondata pandemica, quasi la poeta sia riuscita a prevedere lo scoramento sui volti delle persone intorno. Se sul piazzale di provincia che Sorrentino ripropone in versi, come fosse il palco di una tragedia greca, si conficcano le fini drammatiche di giovani dimenticati, a osservare la scena è un coro di anziani sopravvissuti alle violenze della strada: «la giovinezza / l’avevamo trascorsa / nel peso della sua immortale rovina». A condurre alla morte i protagonisti, accomunati da un amorevole anonimato, sono le dipendenze tossiche, come esasperazione di una ripetitività diffusa e dissacrante, a cui ci si piega poco per volta, nonché la clandestinità come estremo della non appartenenza alla realtà. L’andamento delle poesie, che a detta di Gian Mario Villalta «ha raggiunto un equilibrio assoluto», asseconda quello vitale delle vicende immortalate, accelerando con il battito e il respiro di chi è in pericolo, in una situazione critica, o rallentando sino a estinguersi con il calore che abbandona un corpo inerme: «a ondate la tregua cresceva nel mezzo / nel luogo della morte / per amore».
Matteo Bianchi