Pomes Penyeach/Po(e)mi da un penny – James Joyce



 
Pomes Penyeach/Po(e)mi da un penny
James Joyce
traduzione e prefazione di Andrea Carloni
con un estratto del saggio Bleeding from the “Torn Bough” Challenging Nature in James Joyce Penyeach, di Jefferson Holdridge
Pagine 130
Prezzo 15 €
ISBN 979-12-81825-06-2
DISPONIBILE A BREVE
 
 
Versione online Sbac!
Prezzo 7 euro


 
 
 
 

Pomes Penyeach include dodici poesie composte da James Joyce in un periodo di dodici anni, dal 1912 al 1924, con l’aggiunta della prima, Tilly, composta nel 1904 a Dublino. Le otto successive furono scritte a Trieste tra il 1912 e il 1915, ulteriori tre a Zurigo fra il 1916 e il 1918, l’ultima a Parigi nel 1924. Uscirono dapprima separatamente su riviste letterarie come le statunitensi Saturday Review e Poetry, per poi essere tutte raccolte in volume il 7 luglio 1927 dalla casa editrice Shakespeare and Company di Parigi di Sylvia Beach, con cui era stato pubblicato anche Ulysses nel 1922.

Nel 1932, per le case editrici britanniche Obelisk Press e Desmond Harmsworth, la raccolta uscì in una nuova edizione in tiratura limitata, corredata dalla riproduzione dei testi nella calligrafia corsiva di Joyce e dalle illustrazioni della figlia Lucia che disegnò le lettere iniziali (le “Lettrines”) di ciascuna poesia: l’intento era di aiutarla nel fragile stato emotivo e psichico che attraversava, affidandole un incarico che le permettesse di esprimersi artisticamente. Uscirono poi revisionate di alcuni refusi nel 1933 e nel 1939 con Faber & Faber.

Il titolo Pomes Penyeach è ispirato ai venditori ambulanti di mele a un penny l’una, sfruttando l’assonanza fra “pomes” (mele, dal francese “pommes”) e “poems” (poesie). Il libro uscì non a caso con una copertina color verde chiaro che ricordasse quello delle mele Calville, le preferite da Joyce (che nel 1933 ne fece recapitare tredici in dono a Sylvia Beach), e fu messo in vendita a uno scellino, corrispondente a dodici pence (quindi un penny l’una, più la prima in omaggio). Si può trovare un richiamo a tutto ciò in una scena di Lestrygonians, l’ottavo episodio di Ulysses:

– Two apples a penny! Two for a penny!
His gaze passed over the glazed apples serried on her stand. Australians they must be this time of year. Shiny peels: polishes them up with a rag or a handkerchief.

(– Due mele un penny! Due per un penny!
Il suo sguardo passò sulle mele glassate esposte sul bancone. Australiane devono essere in questo periodo dell’anno. Bucce lucenti: lucidarle con uno straccio o un fazzoletto.)

Andrea Carloni

 
 
 
 
Tilly
 
He travels after a winter sun,
Urging the cattle along a cold red road,
Calling to them, a voice they know,
He drives his beasts above Cabra.
 
The voice tells them home is warm.
They moo and make brute music with their hoofs.
He drives them with a flowering branch before him,
Smoke pluming their foreheads.
 
Boor, bond of the herd,
Tonight stretch full by the fire!
I bleed by the black stream
For my torn bough!
 
Dublin 1904
 
 
 
 
Regalino
 
Lui avanza dietro un sole invernale,
Incitando la mandria per una fredda strada rossa,
Chiamandole, una voce che sanno,
Guida le sue bestie su Cabra.
 
La voce dice loro che la casa è al caldo.
Muggiscono e con gli zoccoli fanno musica bruta.
Le guida con un ramo fiorito avanti a sé,
Il fumo che impiuma le loro fronti.
 
Villano, vincolo degli armenti,
Stanotte distenditi bene al tuo fuoco!
Io sanguino lungo il nero ruscello
Per il mio ramo strappato!
 
Dublino 1904
 
 
 
 
 
 
Watching the Needleboats at San Sabba
 
I heard their young hearts crying
Loveward above the glancing oar
And heard the prairie grasses sighing:
No more, return no more!
 
O hearts, O sighing grasses,
Vainly your loveblown bannerets mourn!
No more will the wild wind that passes
Return, no more return.
 
Trieste 1912
 
 
 
 
Guardando le Barcheago a San Sabba
 
Sentivo i loro giovani cuori disperati
Amorvòlti sopra il remo balenante laggiù
E sentivo sospirare le erbe dei prati:
Mai più, tornare mai più!
 
O cuori, O erbe sospiranti,
Vessilli amorsoffiati invano a lacrimare!
Mai più potranno i selvaggi venti spiranti
Tornare, mai più tornare.
 
Trieste 1912