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La poesia non si accontenta del reale percepito con i cinque sensi, necessariamente limitati in modo da poter essere “persona” racchiusa in un perimetro, ovvero “maschera” secondo l’etimologia greca, dunque forma apparente, illusione, finzione.
Mentre aggiusto la mia maschera,
scrive Patrick Williamson.
La poesia brama sempre un oltre che intuisce inafferrabile, eppure presente nel concreto manifestarsi del mondo. Il libro di Patrick Williamson, bilingue, con traduzione a fronte di Guido Cupani e Francesca Del Moro, si intitola appunto Presence – Presenza (Samuele editore, pp. 108, 2023), prefazione di Tommaso Di Dio, coglie questo oltre.
Di quale presenza si tratta? Il primo confronto per analogia che viene in mente è la presenza che T.S. Eliot sente ne La terra desolata:
Chi è il terzo che sempre ti cammina accanto? / Se conto, siamo soltanto tu ed io insieme / Ma quando guardo innanzi a me lungo la strada bianca / C’è sempre un altro che ti cammina accanto.
Si tratta del mistero della trascendenza-immanenza, poetica forte di questo bel libro:
Vedi il non visto / sul bordo del mondo visibile.
Mistero espresso efficacemente nell’immagine del tuffo che titola la poesia dei versi seguenti:
Un’iniziazione al mistero, intensa, / immagina che affondi in te / penando per quel che non puoi avere, / invisibile, tesa all’immortalità, / pendenza troppo ripida da contemplare / e dopo tutto, in noi respira / una vita più amata
Eppure non esistono certezze, il dolore e le perplessità del poeta sono leopardiane, non rivolte alla luna giovinetta immortal, metafora divina, ma direttamente a Dio, la parola più conosciuta-sconosciuta.
Graziella Atzori
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