Asterischi
Emilio Di Stefano
Pagine 78
Prezzo 12 euro
ISBN 978-88-94944-54-5
CARTACEO ESAURITO
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Prezzo 4 euro
Un timoroso che si cimenta metaforicamente come “pescatore di scoglio”. Pescare dallo scoglio è un’avventura, un modo di gettare l’amo e raccogliere che presenta più difficoltà e richiede una certa esperienza. Lo scoglio ha la sua morfologia, esigendo una ritualità diversa da qualsiasi altro modo di pescare. Ma una volta acquisita ritualità e sapienza il pescatore di scoglio diventa un maestro. è questo il profilo segreto ideale di Emilio Di Stefano, poeta ma anche delicato autore di canzoni per bambini, che torna in libreria con questo volume di poesie dopo molti anni di assenza, esattamente dalla sua prima opera poetica intitolata Cocci (1977).
In questo suo nuovo lavoro egli racconta ciò che è accaduto nel costume della nostra vita dal lontano tempo del suo esordio, una specie di “computo dei passi e dei sospiri” a definire la qualità degli eventi che da allora ci hanno accompagnati. In questo computo si forma l’ossatura della sua sorte di uomo e di poeta. Non si tratta mai di una lamentosa nenia al setaccio del rimpianto o del mugolio “dei fili tra i telai”, ma del puntuale sfogliare delle molte caselle che rappresentano l’unità globale, almeno per quanto è possibile e lo fa spesso attraverso l’uso lessicale trasformato nei decenni.
Una poesia ad ampio spettro (direbbe il farmacista), moderna e diretta, capace di rappresentare un poeta saggio e, paradossalmente, giovane.
dalla prefazione di Ludovica Cantarutti
Ai piedi dell’azalea
E allora si semina,
si aspetta la luna nuova,
il sapore dell’alba
tra nicchie di stelle nascoste
all’imbrunire.
Il glicine – pensi – andrà vicino all’aiuola;
là, il rosmarino e la rosa, magari.
Tu intanto, Mirò, sbadigli coerente al tuo orso
annerito dall’acido polivalente,
alle aureole muffe verdine, addensate,
occasi, per me, di un altro universo.
Più in là di Plutone. Può darsi.
E il callo della scommessa ritorna.
Così già mi rinfranco nel risveglio,
del buono che certo nasconde
per te l’amico di pezza
che oggi si lascia leccare
ai piedi dell’azalea.
Spero in un inciampo del silenzio
Cerco il segno di un privilegio
in qualche ombra,
sagoma nera di bosco
o frastagliato incerto di una nuvola,
aggrappato al sughero
di un’attesa
che sogna squarci e voci.
Spero in un inciampo del silenzio
e nell’assenza
mi godo quella macchia di gelato
sul tuo quasi taffetà.
Tourbillon
Nessuno mi ha chiesto se avessi
voglia di entrare
e nessuno dirà a che ora è l’uscita,
la fine del film, l’ultima corsa del tram.
Non che mi importi.
Nessuno mi ha chiesto in che ruolo
volessi giocare,
né in quale quadrante
di latta o d’argento
nascondere i piedi
e infine ruotare.
Non che mi importi: girare è girare.
Mi tengo il cappello di lana,
il gioco di biglie,
e un po’ addormentato
mi stringo comunque
– se solo durasse! –
a questo stupore di vita.
Provvisorie conclusioni
Già più non mi appartiene
la voce che naviga la mente
e sulle labbra
si fa segno
di china o di burrone.
Non mi sono più le mie parole.
è questo il saldo,
l’ipotesi che salva ogni vagito;
la favola del dire che resiste.
C’era una volta… E dico.