Radici di salice – Mina Campaner



 
 
Radici di salice
Mina Campaner
Pagine 72
Prezzo 12 euro
ISBN 978-88-94944-45-7
 
 


 
 
Versione online Sbac!
Prezzo 4 euro


 
 

Dopo l’opera prima Il ritorno d’Emmaus del 2019, Mina Campaner prende per mano il lettore e lo accompagna in una ricerca. O meglio, nella Ricerca. Il titolo lo lascia intendere: le radici, per loro natura non visibili, vanno cercate. Se l’albero scelto è il flessibile e resiliente salice, le possiamo trovare in riva ad un fiume, dove acqua e vita scorrono senza fragori, nei giorni e nelle notti, nelle stagioni, nel tempo che ci è concesso. Esergo e dedica lo confermano: radici, pur se divelte, è la parola chiave; madre come profonde radici personali. L’opera si articola in tre sezioni, ognuna con un preciso filo conduttore: Sradicamenti, Acqua e Radici di Salice. È una lettura attenta quella che ci viene richiesta, per i temi affrontati, per la scrittura, per i rimandi. Nei testi, tutti molto godibili, l’Autrice ricorre con grande abilità alle metafore, all’enjambement, ad un uso contenuto del dialetto, ad una punteggiatura essenziale. Niente titoli, si va direttamente al cuore. L’area geografica è quella dell’ex provincia di Pordenone, al confine con il Veneto: i monti, Barco, Panigai; i paesi del Sile, il Palù. I giorni sono i nostri ma lo sguardo si posa lontano, nel passato. Sulle radici.

[…]

Interamente in dialetto l’ultima, bellissima poesia di Radici di salice. In una quindicina di versi ritroviamo in sintesi tutta Mina: il suo impegno, il suo pensare, il suo scrivere. Il suo agire, sempre rivolto verso l’alto. “madre / la luce che resta”. Le due estremità della linea tracciata dalla mano dell’Autrice, leggera e profonda al tempo stesso, si avvicinano e il cerchio si chiude. E noi ci sentiamo più completi.

Manuele Morassut

 
 
 
 
Mi tormenta l’onda assente
il pensiero che s’arena
sotto la valva, del temporale
la quiete del ritardo.
Fiuto l’aria carica di ragione.
è confusione di luna piena
tra nuvole e tenebre.
 
 
 
 
 
 
Incombe un’ombra
il silenzio apparente della notte
distante è il sogno, sonno
carico di pensieri
sentimento o ragione?
 
 
 
 
 
 
Ci sono giorni e vuoti dove i monti
sono dentro l’orizzonte.
Amo i tagli obliqui, gli angoli vivi
del ragionare, le curve nei flessi
aperte ai cambiamenti.
Capita di fermarsi,
in un angolo di ciò che siamo
scoprire che esistono
nuovi punti e prospettive.
La distanza tra ciò che stiamo diventando
e ciò che potremmo essere è la differenza.
 
 
 
 
 
 
Questo contare i giorni è un filo d’aria
tra i vincoli. Porto dentro un mondo
i suoi rumori e gli odori
sinonimi e contrari di adolescenti.
I cambi d’ora sono densi di volti
i visi hanno i tagli della noia
sole al suono della campanella.
Si respira l’aria del fine settimana
ma i ragazzi non hanno fretta
si raccontano per strada.
 
 
 
 
 
 
Arrivati alla fine dell’orario, stare
all’angolo di una scuola ancora fermi.
Quello che ieri bastava oggi non è
il trattenersi oltre.
Salire in auto per tornare a casa,
i palazzi fanno a pugni con le vette.
 
 
 
 
 
 
In questa parte della bassa
fuggi il tedio delle ore,
l’inquietudine cerca
spazi e curve per svoltare.
La moca in cucina invade
il sonno dei cassetti
alzarsi con la voglia di partire.
Il caffè è un nuovo orizzonte
alla finestra, venti euro
nelle tasche per la benzina
e sei arrivato al pieno.
 
 
 
 
 
 
Si allontana la casa e la campagna,
macchie di rosso su erbe di maggio.
Insegui obliqua la visione
di una madre e la sua bambina
in un campo d’azzurro e margherite.
Basta così poco per essere felici.