Ten tal cour li’ stradis blancjis, i diritti dei bambini nella voce della poesia, a cura del Gruppo Majakovskij, Samuele editore, 2023, è un’opera preziosa, una lettura che coinvolge. Il Gruppo Majakovskij nasce nel 1993 per volere di Giacomo Vit e riunisce poeti friulani che scrivono in furlan. Con questa raccolta il Gruppo Majakovskij prosegue nell’impegno civile che contraddistingue la sua finalità e la sua produzione.
Il libro è composto di otto sezioni, ognuna delle quali contrassegnata da un articolo tratto dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e qui presentato nella versione I diritti dei bambini in parole semplici che li scandisce in modo che il loro significato sia pienamente accessibile ai bambini e consente a tutti di tenerli a mente. L’enunciazione di ogni articolo è preceduta da una fotografia di viaggio di Gianni Pignat e ogni fotografia mette in primo piano bambini in mondi e contesti lontani dalla nostra esperienza quotidiana, bambini che con i loro sguardi e i loro gesti rispondono e interrogano nello stesso tempo.
Sfogliando le pagine, a firma delle poesie troviamo i nomi di: Manuele Morassut, Francesco Indrigo, Silvio Ornella, Giacomo Vit, Daniela Turchetto. In conclusione il breve e denso appunto poetico-riflessivo di Giorgio Bolla, poeta e chirurgo pediatra, sollecita la lettura partecipata di chi ne accoglie gli intenti e le preoccupazioni.
Fotografie, articoli della Convenzione, poesie, l’accurata e sensibile prefazione di Anna Maria Curci, sono un tutt’uno, costituiscono, come si suol dire, un totale maggiore della somma delle parti e, ancora di più, disegnano una costellazione aperta di significati che sollecita un dialogo con le nostre convinzioni, le nostre abitudini, la nostra coscienza, con ciò che sappiamo e ciò che siamo disposti a sapere, ciò che conosciamo e ciò che siamo disposti a conoscere.
Ogni pagina è un bene prezioso, una benedizione che si è fatta strada tra fango, detriti e pietrisco, che su di essi, sulle rovine delle guerre e dello sfruttamento minorile, ha fermato lo sguardo e le mani e si è fatta parola di pace. Le poesie hanno una sostanza terrigna, sanno di ferro, polvere e pietre, rivelano, interrogano, enumerano gli ostacoli, le sconfitte, le perdite, i fallimenti che pesano già sui cuori bambini, riconoscono la loro disperazione. Le poesie, allo stesso tempo, sono luce e conforto, si impegnano a immaginare speranza, approntano nella quiete il balsamo della cura, narrano gesti concreti per la costruzione di condizioni migliori nel rispetto reale dei bambini, senza fare distinzioni tra il lontano e il vicino pensando a lontano e a vicino non solo come categorie geografiche ma soprattutto come gradi dell’accoglienza di realtà, eventi, persone.
Cristina Polli
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