Un buon uso della vita su VersoLibero

 

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Istantanee di vita, colte nella fissazione della morte, nella transitoria assolutezza di un momento di insignificanza. Sono storie di donne, ombre anonime, sospese nell’attimo della fine, dalla cui cessazione all’esistere scaturisce il significante dell’esistenza passata, il senso di una vita realmente vissuta o soltanto intuita nello scorrere del tempo, in quel connubio di condizioni esterne e possibilità di autodeterminazione che ogni vita possiede, chi più chi meno, all’atto dell’esistere. Così questo libello di Gabriella Musetti s’intitola Un buon uso della vita, con il sottotitolo immagini fuori sesto, con la prefazione di Chiara Zamboni e una cartolina d’artista di Donatella Franchi, edito dalla Samuele Editore nella collana Scilla. Un libro poderoso nella sua grazia disarmante e nella costruzione lineare che alterna parti poetiche a parti prosastiche, per lo più citazioni autoriali. Un libro che si legge tutto d’un fiato, con sgomento e stupore, e che colpisce in quel principio di immedesimazione, «nella pratica impersonale del partire da sé», che è la cifra autoriale dell’autrice(p.67). Gabriella Musetti scrive una poesia capace d’impreziosirsi di una valenza etica, civile, e allo stesso tempo politica, filosofica, pienamente esistenziale. Una poesia di una umanità disarmante, che si coglie fin dal titolo, in quell’affermazione apparentemente banale nella sua scontata ovvietà quale direttiva principaledell’orizzonte ontologico di ognuno di noi («un buon uso della vita / e la nostra autobiografia / di tutti / – dice Maria Pia – / diventi un viaggio / meno accidentale / non raro non avaro / e strisci dentro / luoghi contenenti sale» p.19), ma che racchiude in realtà il senso di ogni esistenza, il dramma di un conflitto per lo più irrisolto tra il desiderio e l’attesa, tra la ricerca di senso o l’imprevedibilità del divenire, tra l’incompiutezza e il bisogno di realizzazione, dunque tra l’essere e non l’essere: «non c’è una regola prescritta / uguale a tutti / ognuno trova a caso la sua stanza / chi bene – felice lui o lei – chi / con dolore» (p.21). In questa contraddizione che è la vita immaginata e quella racchiusa nell’effettiva realizzabilità dell’io, su cui agisconocondizionamenti riconducibili a caratteri individuali e a condizioni esterne eterogenee, in questa sospensione di aspirazione all’esistere e affermazione dell’esistenza, la Musetti compie un percorso lirico capace di rappresentare questa dicotomia ontologica: in una circolarità del vivere e del morire, sono proprio le donne le protagoniste dello sguardo indagatore della poetessa.

Laura D’Angelo

 

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