Una domanda al Poeta: Annalisa Ciampalini



 
 

Continua su Laboratori Poesia la rubrica Una domanda al Poeta: domenica scorsa Fabrizio Bregoli ha posto una domanda ad Annalisa Ciampalini, autrice de Le distrazioni del viaggio (Samuele Editore 2019)

 
 
 
 
Pensiamo alla luce che verrà,
a come tutto già contiene
e si dipanerà.
Sarebbe altro a voler esistere
in una cecità senza fine.
Altri i momenti, nulle le direzioni.
Impossibile starne fuori.
 
 
(Da Le distrazioni del viaggio, Samuele Editore, 2018)
 
 
 
 

La poesia si chiude con un verso che è in sé una sentenza senza appello: “Impossibile starne fuori”. Leggendolo nella accezione più ampia, pare essere un’indicazione di poetica, un riferimento al compito della poesia: assodato che un autore non può esimersi da un confronto con il mondo, con la vita, quanto la poesia deve mantenere tale radicamento e quanto può (o deve) invece estraniarsene per veicolare un messaggio il più possibile universale? La luce che la poesia è in grado di scrutare e indagare davvero contiene già tutto oppure vanno indagate le regioni d’ombra? Sono quelle le componenti dalle quali è necessario che la poesia non resti esclusa?

 

Fabrizio Bregoli

 
 
 
 

Questa breve poesia deve la sua nascita all’immaginazione. Quando la scrissi pensavo di trovarmi nell’istante più oscuro e remoto che riesco a ipotizzare, ossia quando l’universo non esisteva ancora e si sarebbe formato, partendo da una singolarità iniziale puntiforme, da un momento all’altro. Immaginavo che quel punto densissimo, da cui tutto si sarebbe poi originato, probabilmente doveva contenere ogni elemento dell’universo evoluto. Quindi tutta la luce, tutte le vite, tutta la materia, le anime, le voci, la poesia. Tutti questi elementi uniti, addensati, irriconoscibili. Nulla e nessuno poteva sottrarsi da quella condizione, ecco il motivo del verso finale: “impossibile starne fuori”. In questo componimento immagino di dare voce a una coscienza collettiva che vive quell’attimo di origine ed è consapevole di essere in attesa di qualcosa.

A volte, per poter veicolare un messaggio che sia il più possibile universale, occorre immergersi in situazioni molto specifiche, che conosciamo bene, che fanno parte di noi, ma allo stesso tempo trovare una forma di linguaggio malleabile che consenta al lettore di avvicinarsi al testo e cogliere qualcosa che lo riguarda. Non è semplice riuscire in questo intento, occorre molta consapevolezza, lasciar decantare i versi, leggere altri autori, cercare di sentire anche ciò che ci è estraneo. Poi non so cosa altro debba avvenire, cerco di capire e spero di imparare, leggendo, ascoltando. Il componimento qui riportato ha una forma diversa rispetto a quella originaria. Credo che ogni poesia cresca attorno a un linguaggio molto dinamico e vivo e che sia fondamentale anche il ruolo del lettore affinché possa raggiungere la sua massima espressione.
Possiamo dire che la luce contiene tutto se ammettiamo che al suo interno vi siano anche zone d’ombra che a un primo sguardo non siamo capaci di individuare, ma che emergono quando l’attenzione si fa più acuta e puntuale. E sono proprio quelle che chiedono di essere indagate. Tramite questa indagine, questa dedizione alla scrittura e al nostro mondo interiore, la poesia si amplifica, porta alla luce qualcosa che prima non c’era: i versi più oscuri, quelli che cantano l’ombra, quelli che ci piovono addosso e ci limitiamo a trascrivere. Quindi la luce contiene tutto se contiene anche le zone d’ombra e la loro evoluzione.

Grazie a Fabrizio Bregoli per le domande che mi ha posto, spero di essere stata esauriente e di aver compreso correttamente.

 

Annalisa Ciampalini

 
 
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