Venti – Nguyen Chi Trung

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Venti
Nguyen Chi Trung
Samuele Editore 2014, collana Scilla
prefazioni di Zingonia Zingone e Anna Lombardo
traduzione di Anna Lombardo

 
 
CARTACEO ESAURITO
 
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Nell’autunno del 1992, in una notte di temporale e circondato dal ruggito del vento, il poeta si rinchiude in un brivido e si domanda come il suono della morte viva nel vento. L’immaginazione galoppa e Nguyen Chi Trung rovista viscere e mente; i luoghi dove la concretezza dei suoi studi matematici si contrappone all’astrattezza di quelli filosofici. Trova echi della più antica filosofia indiana (Brāhmaṇa), in cui “il soffio e il vento” sono il cardine della vita. Ma soprattutto il rimbombo della teoria astrofisica del Big Bang. A tratti nel cielo convulso scorge un movimento di astri. Movimento che sposta l’aria e con essa il destino della materia, nell’universo che è “un gas caldissimo di particelle elementari in rapida espansione.” Espansione, moto d’aria, vento. E l’uomo, anche lui materia, resta in balìa dei venti.Polvere, Nuvole, Pioggia e Luce solare, sono altri titoli di poemetti composti da questo religioso senza religione che si domanda cosa significhi veramente l’esistenza umana. Attraverso una serie d’interrogativi, Venti induce all’introspezione. Sono domande fondamentali, filosofiche, rivolte a capire il perché, il come, il quando, il da dove e il verso dove dell’uomo e di tutto ciò che lo circonda. È crudele ma possibile che l’uomo nasca e muoia su questa terra, senza mai trascendere; o forse la sua trascendenza sta nella trasformazione in altri elementi della materia, come la polvere che viene spazzata via dal vento. (dalla prefazione di Zingonia Zingone)

Venti di Nguyen Chi Trung non avvisano nessuna redenzione, nessun cambiamento. Il loro soffiare passa alto sopra la nostra desolazione, i dolori e la miseria, e soprattutto la non cura che il mondo stesso ci sollecita, nel suo andare sempre uguale. Portatori di un grido che non richiama nessuno ma solo grida, nell’equilibrio ballerino della nostra esistenza. I versi di Nguyen Chi Trung possono, a ben ragione, dirsi esistenziali, perché è di noi che parlano, riflettono, e l’impatto con questo domandare non è immediato e intelligibile ma, proprio per questo, riescono ad attirarci in un vortice di immagini, metafore che si intersecano con il dolore del momento, riportandoci alle domande. La separazione, la sempre uguale esistenza che riemerge come diversa, e quindi apparentemente nuova, è lì a tenerci continuamente al passo. I Venti indicano una altezza alla quale non siamo più abituati, e alla quale il poeta si rivolge per riprendere in mano la bellezza e la forza della poesia. L’essere umano, come ci canta Nguyen Chi Trung, è fatto di poesia. Lo è davvero? Perché non ascoltarlo, allora? Che senso ha la vita senza questo sguardo poetico sul mondo, sui noi stessi, sui dolori continui che comunque sono a noi innati? Imparare a lasciare andare le cose, nell’incipit avverte il poeta, le cose che riempiono come zavorra il nostro modo di vivere, lasciare al carbone e alla cenere/con dovuta devozione, tutto il superfluo dei nostri rottami, pare il suo invito. Questi Venti sentiti come forza originaria, sono al di sopra di tutto, sono oltre la comprensione della nostra stessa vita, e vanno, vengono, scoperchiano il male e il bene, sono capaci di rendere le gocce d’acqua visibili, e rivelano a noi stessi , alla nostra immaginazione, che mai pensa, che non è soltanto il nostro dolore a sostenerci ma che anche noi sosteniamo il dolore. (dalla prefazione di Anna Lombardo)

 
 
 
 
1.
 
Venti del cielo, che il cielo separate,
del cielo che stanotte sarà strappato
non a causa d’un essere umano
vuoto ancora di passato.
Si sono smarrite per sempre
quelle vite vicinissime all’arte?
Vicinissime come il fiume al pescatore,
la foresta al suo guardiano…
Lo spazio del Qui e dell’Ora è senza
gratitudine, senza considerazione alcuna.
Dalle origini la terra porta il suo dolore,
lo porta? Lo deve.
 
 
 
 
 
 
8.
 
Venti oltre il corpo vacillante
passando accanto alle immobili colonne blu
degli occhi, con l’ombra fissa
d’un ricordo senza fine. Quando.
Quando sapremo di questo Quando.
Oh memoria, come raffiche di venti
vaghi oltre vicinanze e lontananze
e lasci la tragedia indietro.
Solitamente qui nella parola.
 
 
 
 
 
 
16.
 
Venti che trapassate gli spazi del vuoto,
che è dovunque dall’inizio della vita,
un tempo in villaggi anonimi,
protetti da foreste senza fine,
in città stracolme ora di sfortuna,
rinchiusi nella pancia del maiale.
Il cuore è una pietra umana
logorata. E questo dire
è da un’ulteriore pietra dorata
che è indistruttibile come la parola.
 
 
 
 
 
 
35.
 
Venti, potreste spazzare via l’amore
e il concetto dell’amore totalmente
e per sempre dal regno degli esseri umani?
Cosi che la parte più intima
del cuore non debba più andare
in cerca di se stessa.
È l’essere umano poetico?
O signora del cuore!
Il sangue del cuore è cosa effimera,
una superficialità impallidita,
un momento svaporato.
La parola è rimasta indietro. Noi tutti
siamo un serbatoio di transizione.
 
 
 
 
 
 
45.
 
Venti, voi siete uno e lo stesso vento
che abita due luoghi che si dipartono
l’uno dall’altro,
che sono inerenti alle zone vicine e lontane,
della conoscenza e dell’ignoranza,
della verità e della non-verità.
La vita deve indietreggiare davanti alla poesia?
O la poesia adesso davanti alla vita?
No, ogni nostra vita non è unica,
è solo vita stessa. Non considerarla
come unica, ciò che possiedi,
gettalo ai venti,
lascia che sia effimero e sia dimenticato.
L’unicità della vita sta soltanto
nella parola che scrivi.
 
 

Nato in una città sulla costa nel Vietnam del sud, è cresciuto a Saigon. Negli anni sessanta, grazie ad una borsa di studio, si reca in Germania per studiare filosofia, matematica e meccanica applicata. Ha lavorato come ingegnere fino al 1996. Vive attualmente a Stoccarda e fa lo scrittore. Scrive sia in tedesco sia in vietnamita ed è traduttore di poesia in lingua vietnamita. Ha partecipato a numerosi festival internazionali. Nel 2013 è uscita una raccolta dei suoi testi poetici a Saigon in sette volumi.