Francesco Sassetto consegna una piccola quanto preziosissima operetta d’amore in dialetto veneziano che racconta, tra le pietre, i calli, le acque e gli occhi della celebre città lagunare, un amore trovato a cinquant’anni. Un’opera matura e precisa che fa di una dolcezza vissuta non senza le difficoltà della vita quotidiana il suo cavallo di battaglia, il suo specchio dove imparare e dove insegnare un pezzo di pensiero, di carezza, di storia assieme.
Un linguaggio che, come l’amore provato e condiviso, è sempre equilibrato, privo di drammaticità o di voli pindarici. Perché a cinquant’anni, sembra dirci Sassetto, l’amore si prova, si scopre, ed è un amore che misura ogni istante e ogni parola, senza dire nulla di più o nulla di meno di ciò che serve all’altro. Incontrando così una tenerezza che ha in sé l’immensità di una verità quotidiana, di una passeggiata per Venezia.
O, come dice una delle immagini madri di Xe sta trovarse, come una bricola a cui attraccano tanto le barche quanto gli uomini.
Xe sta trovarse
par caso o chissà, xe sta vèrzar un buso
fra grumi de spini e bronse ancora
infogàe, rifarse, ris-ciàr, lassàr
le cale da far ogni giorno vardando le pière
el vodo de le sere senza man né parole,
la tristessa ingropàda ne l’ànema
come ’na sorte
un destìn inciodà dentro in gola.
E contarse a tochi, a bocòni, sinquant’ani passài
ne l’ora che i bar se destùa, le ombre se slonga
e coverze i oci, le man se serca
par dir qualcossa che la vose no dise.
E po’ métar pian un matón sora l’altro e semento
e védar che tien, che vien su
e ’ndàr insieme par i campi
svodài de un genaio ingelà, tra basi e barufe,
e ’ndàr vanti, scampàr indrìo e po’ ’ncora vanti
e ’na to magiéta nel comò a casa mia gera za el sogno
belo de ’na vita nova che ciapava fià, ’na promessa
par tuti i giorni a vegnìr
tuto el tempo che resta.
E ti ridevi alòra e ridevo anca mi come ride
i putèi a ’na festa.
E desso mi e ti a caminàr su la Riva a vardàr
le Grandi Navi che passa e i foresti
che ride e ghe fa le foto, ’sta nostra cità
desfàda da la furia de i schèi
e tornàr casa par le cale sconte, le man strete
ne le man a no pèrdar i passi nel scuro,
tegnìrse saldi qua che tuto bala imbriàgo
ma a volte se verze slarghi impensài
che s-ciàra i oci de luse improvisa
e te dise la strada
come solo la vita sa far.
È stato incontrarsi (dialetto veneziano)
“per caso o chissà, è stato aprire un varco/ in un groviglio di spine e braci ancora/ roventi, rifarsi, rischiare, lasciare/ le calli da fare ogni giorno guardando le pietre/ il vuoto delle sere senza mani e parole,/ la tristezza avvinghiata all’anima/ come una sorte/ un destino inchiodato nella gola.// E raccontarsi a pezzi, a brandelli, cinquant’anni passati/ nell’ora che i bar si spengono, le ombre si allungano/ e coprono gli occhi, le mani si cercano/ a dire qualcosa che la voce non dice.// E poi mettere piano un mattone sull’altro e cemento/ e vedere che tiene, che sale/ e andare insieme i campi/ svuotati di un gennaio di gelo, tra baci e litigi,/ e andare avanti, scappare indietro e poi ancora avanti/ e una tua maglietta nel comò a casa mia era già il sogno/ dolce di una vita nuova che prendeva forza, una promessa/ per tutti i giorni a venire/ tutto il tempo che resta.// E ridevi allora e ridevo anch’io come ridono/ i bambini a una festa.// E adesso io e te a camminare lungo la Riva, a guardare/ le Grandi Navi che passano e i turisti/ che ridono e fanno le foto, questa nostra città/ disfatta dalla violenza del denaro// e tornare a casa per le calli nascoste, le mani strette/ nelle mani per non perdere i passi nel buio,/ tenerci saldi qui dove tutto ondeggia ubriaco// ma a volte s’aprono spazi impensati/ che schiarano gli occhi di luce improvvisa/ a dirti la strada// come solo la vita sa fare.”
Xe tuta ’sta pióva
che ne casca dosso, ti vedi, ’na pióva
de sighi, de man che ne tira e reména
de qua de là come i fiòi ciàpa a peàe
le latìne vode che se sbréga
su le pière, tanti pensieri e
tute ’ste corse su e zo, tante robe
da far che se ingrùma, se ingròpa
una sora de l’altra
e ne cava el fià.
’Sta pióva grossa, nera che vien zo
da tanto, ’na scravassàda che ne
destùa la vogia de rìdar
ogni tanto, de zogàr
de far l’amor.
E ti piansi, lo so, ti tasi e ti vardi fora
dal balcòn se se verze ’na s-ciànta
de sol anca par noiàltri do
quel sol che sùga el pòcio da le pière,
che scalda le man,
e impìssa i oci.
Vien qua, amor, vissìn de mi, vien qua
che te coverzo co i brassi.
È tutta questa pioggia (dialetto veneziano)
“che ci cade addosso, lo vedi, una pioggia / di grida, di mani che ci afferrano e ci trascinano/ di qua e di là come i ragazzini prendono a calci/ le lattine vuote che si schiantano/ sulle pietre, tante preoccupazioni e/ tutte queste corse su e giù, tante cose/ da fare che si accumulano, si accavallano/ una sull’altra/ e ci tolgono il respiro.// Questa pioggia greve, nera che cade/ da molto tempo, un rovescio/ che ci spegne la voglia di ridere/ qualche volta, di giocare/ di fare l’amore./ E tu piangi, lo so, taci e guardi/ dalla finestra se si apre un poco/ di sole anche per noi due// quel sole che asciuga le pietre dal fango,/ che scalda le mani,/ e accende gli occhi.// Vieni qui, amore, vicino a me, vieni qui/ che ti copro con le mie braccia.”
FRANCESCO SASSETTO
Risiede a Venezia dove è nato nel 1961. Si è laureato in Lettere nel 1987 presso l’Università “Ca’ Foscari” di Venezia con una tesi sul commento trecentesco di Francesco da Buti alla Commedia dantesca, pubblicata nel 1993 dall’editore Il Cardo di Venezia con il titolo La biblioteca di Francesco da Buti interprete di Dante.
Ha collaborato in qualità di cultore della materia alla cattedra di Filologia Dantesca, con attività didattica e di ricerca, ed ha conseguito nel 1998 il titolo di dottore di ricerca in “Filologia e Tecniche dell’Interpretazione”. Insegna Lettere presso il C.t.p. (Centro territoriale per l’educazione in età adulta) di Mestre.
Scrive componimenti in lingua e in dialetto veneziano che hanno ricevuto numerosi premi e segnalazioni. Ha partecipato a presentazioni, incontri e pubbliche letture di testi poetici, anche in ambito scolastico. Suoi testi sono presenti in numerose Antologie e Riviste ed ha pubblicato tre raccolte di poesia: Da solo e in silenzio (Milano, Montedit 2004) con prefazione di Bruno Rosada, Ad un casello impreciso (Padova, Valentina Editrice 2010) con prefazione di Stefano Valentini, Background (Milano, Dot.com Press-Le Voci della Luna, 2012) con prefazione di Fabio Franzin. Una quarta raccolta, intitolata Stranieri, è stata di recente pubblicata (Padova, Valentina Editrice, 2017) con prefazione di Stefano Valentini.
Una silloge di poesie in veneziano, intitolata Semo fati de sogni sbregài è stata ospitata nel volume antologico Poeti in lingua e in dialetto. La Poesia Onesta 2007, a cura di Fabio M. Serpilli, Associazione culturale La Guglia, Agugliano 2007. Una raccolta di testi in veneziano, intitolata Peoci è stata edita nel volume antologico Poeti e narratori in italiano e in dialetto. La Poesia Onesta 2012, a cura di Fabio M. Serpilli, Associazione culturale Versante, 2012.
Una silloge di poesie in lingua e in dialetto veneziano, intitolata Di ordinari galleggiamenti è stata pubblicata, con una introduzione critica di G. Lucini, nel volume antologico Retrobottega 2, a cura di G. Lucini, Edizioni CFR, 2012.
Suoi testi poetici compaiono nelle Antologie tematiche La giusta collera, Edizioni CFR, 2011, Ai propilei del cuore. Poeti contro la xenofobia, Edizioni CFR, 2012, Il ricatto del pane, Edizioni CFR, 2013, Keffiyeh. Intelligenze per la Pace, Edizioni CFR, 2014, tutte a cura di Gianmario Lucini.
Sue liriche sono state ospitate nell’Antologia 100 Thousand Poets For Change, Roma, Albeggi, 2013; nell’Antologia Sotto il cielo di Lampedusa. Annegati da respingimento, Milano, Rayuela, 2014; nell’Antologia In classe, con i poeti, a cura di M. Casagrande, Puntoacapo editrice 2014; nell’Antologia L’Italia a pezzi. Antologia dei poeti italiani in dialetto e in altre lingue minoritarie tra Novecento e Duemila, a cura di M. Cohen, V. Cuccaroni e altri, Camerano, Gwynplaine Edizioni, 2014.
Collabora con la Rivista Le Voci della Luna; suoi testi sono presenti nelle riviste online Versante Ripido e Sagarana, in alcuni blog e siti web.
Per partecipare: